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Ricordo spessissimo quando arrivai a Roma per cominciare lo stage presso la Fandango, factory di produzione cinematografica, dove poi fui assunto e dove sono rimasto sino al duemilasei. Poco tempo dopo essere giunto in quegli uffici, il produttore - uomo extra ordinario - mi catapultò a seguire la promozione dei film presso i festival.
Tornai per la prima volta al festival di Venezia da lavoratore, non più da spettatore assetato d’avventura (non dimenticherò mai il bacio dato ad una donna sul vaporetto, la prima volta in assoluto che andai. Fu pazzesco, una promessa di avventure perso nei fumi dello spritz, e non ero ancora approdato al lido…) per ‘Dust’ di Milcho Mancevski e poi, per la prima volta, andai a Cannes.
Al confronto della piccola Venezia, Cannes mi sembrava, dunque, un festival sodomitico. Ne avevo una idea confusa, ma non fumosa. Sapevo che sarebbe stato faticoso, ma non immaginavo così. I film che portavamo in promozione erano, nientemeno, che “Respiro” di Emanuele Crialese e “L’imbalsamatore” di Matteo Garrone. Non uno, due film! Le angherie dell’ufficio stampa, sotto pressione per un carico di lavoro francamente eccessivo, furono talmente esasperanti che per i due successivi mesi dovetti curare una rara forma di dermatite da stress. Giuro. Chiedere alla dermatologa se non si crede.
L’anno dopo, forti di una esperienza più che formativa, facemmo una spedizione ancor più entusiasmante. Non per i film: l’opera prima di Edo Gabbriellini e “Da zero a dieci” di Luciano Ligabue di cui ho personalmente curato la organizzazione di un piccolo e faticosissimo concerto da 3 pezzi, quanto per il clima fra noi dello staff. Sonia, la mia amica del cuore, e poi Laura e Domenico e tutti gli altri mi hanno lasciato un pezzo di vita segnato sulla pietra nel petto. Non lo dimenticherò davvero mai e le parole che può accogliere un blog sono troppo blande per contenerne l’emozione.
Dopo qualche anno torno con un film a Cannes. E’ “Non ti voltare” di Marina De Van con Monica Bellucci e Sophie Marceau. Realizzato con un nostro piccolo contributo ed il sostegno di una allora neonata e piccolissima apulia film commission, grazie a Conchita Airoldi e al suo Studio Urania, grazie alla ostinata mania che alcuni (pochi) produttori italiani hanno di coprodurre, l’Apulia Film Commission, dopo nemmeno due anni di vita, sbarca al più importante festival cinematografico del mondo con un film girato per un terzo in una sua (splendida) città .
Voi come vi sentireste al mio posto oggi?
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Data: 27 April 2009 alle 14:58 -
L’aria che si respira a Cannes durante il festival non puo’ essere descritta, ma solo vissuta.
Mi ritrovo molto nelle sue parole.
Nel senso che anche per me la prima volta a Cannes fu “extra ordiaria”.
Andavo per promuovere un mio SHORT e fra alberghi “improvvisati” e pubbliche relazioni intercontinentali fu una delle esperienze piu’ dure ma anche piu’ formative che abbia mai fatto.
Condividere poi questa esperienza con un mio mio amico e “socio” nel lavoro e’ stato indimenticabile.
So bene quanto si difficile la promozione di un lavoro, i duemila appuntamenti, gli incontri,tutot quanto…
ma basta fermarsi un solo minuto sulla spiaggia in un momento di pausa, ripensare alle immagini appena viste e gia’ impresse nella memoria di un bellissimo film di GUS VAN SANT, lo guardo di una bellissima donna per farti capire che non c’e’ posto nel mondo migliore dove essere per un uomo che si occupa di Cinema.
A cannes.
Orazio guarino.