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L’Apulia Film Commission è presente con ben quattro produzioni alla 28^ edizione del Torino Film Festival, in programma dal 26 novembre al 4 dicembre, diretto dal regista Gianni Amelio.
I documentari “Scuola Media” di Marco Santarelli e “Via Appia” di Paolo De Falco sono in concorso nella sezione Italiana.doc., mentre nella sezione Italiana.corti sono in competizione “I resti di Bisanzio” di Carlo Michele Schirinzi e “Archipel” Giacomo Abruzzese.
“Scuola Media” (Italiana. doc.), prodotto da Ottofilmaker con il sostegno di Apulia Film Commission, è stato interamente girato in una scuola media di un quartiere della periferia industriale a Nord di Taranto.
Da sfondo al documentario una città segnata nel vivo dall’Italsider (oggi ILVA): la grande “fabbrica d’acciaio”, costruita a Taranto nei primi Anni ‘60 e che ancora oggi rappresenta l’impianto siderurgico più grande d’Europa. Il quartiere dove si trova la scuola fu costruito per soddisfare le esigenze abitative della nuova classe operaia e impiegatizia tarantina, che, in quegli anni, vedeva finalmente realizzato il sogno di un posto in fabbrica.
“Via Appia” (Italiana. doc.), racconta la storie di tre personaggi reali che viaggiano in modi diversi sull’Appia, l’antico tracciato che da Roma arriva a Brindisi. Ciascuno è spinto dai propri desideri e dalle proprie motivazioni ma la strada progressivamente li risucchia e li muove con il suo potere. Realtà e metafora si confondono, dando vita a un percorso “inconscio” che offrirà loro scoperte ed emozioni profonde. Un film mistico e politico sul tema dell’identità che propone il futuro come un nuovo inizio, “le macerie” come l’alba di una nuova era. Prodotto da Grad Zero-Film Grad con il contributo del Comune di Roma, della Provincia di Caserta, della Teca del Mediterraneo del Consiglio Regionale della Puglia, dell’Apulia Film Commission e dell’Assessorato alla Solidarietà della Regione Puglia, Via Appia rientra nel progetto dell’Archivio liquido dell’Identità .
Per il regista salentino Carlo Michele Schirinzi, è un ritorno al Festival torinese nella sezione Italiana.corti. Infatti, dopo aver vinto l’anno scorso con “Notturno Stenopeico”, quest’anno l’autore pugliese torna in concorso con “Mammaliturchi”, prodotto da Gianluca Arcopinto, Carlo Michele Schirinzi e Coop.Kama.
Una porta metallica divide il container dal mare, nero, illuminato a tratti dai lampi. Un’altra sagoma si staglia nel buio, quella di un luogo abbandonato, oggetti dimenticati a testimonianza di ciò che conteneva: materassi, armadi, tavoli, sedie, giocattoli e libri, un tempo utili a qualcuno. I corridoi comunicano con stanze disadorne. Dalle finestre il cielo sembra appropriarsi degli spazi inutilizzati mentre infine il silenzio domina incontrastato.
“Il film –dichiara il regista- non vuole essere un attacco ai carnefici né un compatimento delle vittime, non vuol essere una critica a un metodo sbagliato né un calcio a una legge che ha permesso di creare nuove prigioni mutando il significato del termine “ospitalità ”: una visione d’apnea documenta con occhio vitreo l’enorme relitto inabissato in cui tutto è sospeso come in un fondale cullato dalle acque. E’ come se uno dei tanti cadaveri custoditi nel Mediterraneo s’aggirasse clandestinamente tra le piastrelle bianche di questo corpo profanato”.
Attualmente Schirinzi è impegnato nella realizzazione del suo primo lungometraggio “I resti di Bisanzio”, prodotto da Gianluca Arcopinto e Coop. Kama con il contributo di Apulia Film Commission.
Sempre nella sezione Italiana.corti il regista tarantino Giacomo Abruzzese presenta il suo “Archipel” (Yellow Dawn Production), realizzato tra Francia e Palestina. Di notte il giovane palestinese Abed, attraverso il sistema fognario, entra illegalmente a Gerusalemme Ovest passando sotto il muro che divide la città . Lavora in un ristorante con Claudia, che diventa la protagonista dell’aneddoto, a metà tra sogno e racconto, con cui intrattiene i colleghi mentre fumano l’ultima sigaretta della serata. Arrivato il giorno di chiusura settimanale, decide di rientrare a casa con una cassa bianca: con l’autobus e a piedi attraverso colline e cieli carichi di pioggia, quello di Abed sarà un lungo viaggio.
“Volevo raccontare la storia quotidiana di un uomo che per necessità si mette in movimento ed è costretto a cercare continuamente dei punti di ingresso e di uscita, fino a perdersi in un territorio che lui stesso non riconosce più. Negando l’attuale partizione politica del territorio (territori palestinesi e israeliani non vengono mai citati), Archipel mostra le costrizioni, le difficoltà di un tragitto inedito e misterioso, rifiutando l’uso dello spettacolare. Non c’è niente di straordinario nell’organizzazione dell’oppressione”. A giorni Abruzzese sarà impegnato a Taranto nelle riprese del suo nuovo lavoro sperimentale “Fireworks”, prodotto da Le Fresnoy con il contributo di dell’Apulia Film Commission.
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