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Presentazione “Henry” di Alessandro Piva al Cineporto di Bari

L’Apulia Film Commission ospita, giovedì 1° marzo alle 10.30 nella saletta di proiezione del Cineporto di Bari, la visione riservata alla stampa del film “Henry” di Alessandro Piva, liberamente tratto dall’omonimo romanzo (Einaudi Editore) di Giovanni Mastrangelo. Seguirà, alle 12, la conferenza stampa alla quale parteciperanno il regista e la presidente di Apulia Film Commission Antonella Gaeta.
La presenza a Bari e provincia di Alessandro Piva proseguirà in serata, con le anteprime al Cinema Piccolo di Bari Santo Spirito e il cinema Elia d’Essai di Corato. “Henry”, a partire da venerdì 2 marzo, sarà programmato in alcune delle sale del circuito D’Autore: il Piccolo di Bari Santo Spirito, il DB d’Essai di Lecce e la Sala Farina di Foggia.

“Henry”, presentato in concorso al 28° Festival di Torino dove ha ottenuto il Premio del Pubblico, è prodotto da Alessandro Piva in associazione con Donatella Botti (produzione Seminal Film e Bianca Film con il contributo del MiBAC). Molto ricco il cast, tra gli interpreti gli attori Carolina Crescentini, Claudio Gioé, Pietro De Silva, Paolo Sassanelli, Michele Riondino, Alfonso Santagata, Dino Abbrescia, Vito Facciolla, David Coco e Max Mazzotta.

Pur non essendo stato girato in Puglia, il film si avvale della presenza di molti attori pugliesi: da Sassanelli e Abbrescia, indimenticabile coppia de “Lacapagira”, al lanciatissimo attore di Taranto Michele Riondino (attualmente in TV nei panni del giovane Montalbano), da Alfonso Santagata a Vito Facciolla e il giovanissimo Pietro Manigrasso. Di origini baresi è anche il direttore della fotografia Lorenzo Adorisio, mentre leccese è la direttrice di produzione Lucia Pezzuto e barese Tommy Rossano, l’attrezzista del film.

La trama
Roma, ma non quella dei papi e delle auto blu.
Un’insegnante di aerobica che frequenta poche persone. Un fidanzato tossico e infantile. Un ex fotografo troppo cinico e troppo fatto. Una banda di malavitosi meridionali e una gang di africani impegnati a conquistare il mercato dell’eroina. Un duplice omicidio e due poliziotti ad indagare: uno un po’ anomalo, l’altro troppo normale, risalgono la corrente di una città che parla in varie lingue lo stesso umorismo nero. Tre giorni di omicidi, inseguimenti e sospiri d’amore, una Roma di oggi che non si vede spesso al cinema.

Estratti dalle note di regia
L’ambientazione del film è nella suburra di questa Roma da Basso Impero, dove i nuovi derelitti muovono i loro passi sulle strade costruite dai Cesari. Una Roma di non romani, in cui tutti sono immigrati o si sentono pesci fuor d’acqua nella loro stessa città. Cuore simbolico del film il Tevere, che attraversa, allieta e insozza la città - proprio come la droga.
Gli eventi sono rinchiusi nella gabbia del presente. Perché l’appiattimento della dimensione temporale sul qui e ora è in assoluto la coordinata principe di chi vive schiavo di una droga - che essa sia l’eroina, il consumismo o la bulimia di informazione. I giovani protagonisti del film, Nina e Gianni, nel momento in cui si trovano costretti a fare i conti con la responsabilità del proprio futuro cercheranno disperatamente di risalire la corrente e di forzare le lancette, con la stessa ingenuità di chi è abituato a premere il tasto “Back” sulla tastiera. Ma la vita vera non permette al tempo di andare indietro.
“Henry” è un film incosciente e piratesco, dal punto di vista artistico come da quello produttivo, in barba alle regole di chi giudica il cinema con il telecomando in mano. Il plot di genere è solo lo spioncino, oltre la porta c’è la vera questione: capire dove stiamo andando e saperlo raccontare. “Henry” vuole scassinare la serratura, uscire dalla stanzetta nella quale, a parte rare e felici fughe, si è fatto rinchiudere da tempo il cinema italiano.

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