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“Salva la cozza” al RIFF e al Foggia Film Festival

Dopo la tappa milanese in occasione di Sguardi Altrove Film Festival, è la volta di Roma e Foggia. “Salva la cozza”, documentario di Ascanio Petrini, prodotto da Lucia Ferrante, che racconta la cultura, tutta barese, di mangiare frutti di mare crudi, è stato selezionato tra i documentari italiani in concorso all’edizione 2012 del RIFF – Rome Independent Film Festival e del FFF – Foggia Film Festival.

La proiezione capitolina avrà luogo alle 16:00 di domenica 25 aprile, presso la Casa del Cinema di Roma.

SINOSSI

“Salva la cozza” racconta la passione dei pugliesi, in particolare dei baresi, per il “crudo di mare”. In questa terra mangiare frutti di mare crudi è una tradizione antica secoli, è un rito vero e proprio, un modo di essere, un’abitudine unica al mondo, è il contatto diretto tra l’uomo e la natura.

Il documentario fotografa un periodo di transizione tra le radici fastose di ’nder la lanz (nella terra della lancia, il luogo dove in origine arrivava la barca a remi dei pescatori) e il rischio futuro di perdere le tracce di questa antica tradizione locale. Da qui il titolo e il messaggio di “Salva la cozza”.

Il viaggio in Puglia, nella città di Bari, presenta la vendita e il consumo del “crudo di mare”: cozze nere, cozze pelose, allievi, polipi, ricci, taratuffi e noci. Vengono raccolti i punti di vista di pescatori, venditori di pesce, ristoratori, ma anche di “amici speciali” come Lunetta Savino, Edoardo Winspeare, Gennaro Nunziante, Nico Cirasola e Gianni Ciardo. Proprio perché si tratta di un elemento culinario comune, un istinto radicato e trasversale.

Mangiare il crudo a Bari è un’indole tramandata di generazione in generazione nei secoli, attraverso gesti, rituali, emozioni e passione. Ci sono uomini, donne e bambini che addentano con sicura fermezza tentacoli, che succhiano con naturalezza i frutti dal guscio. Fuori da questa terra se ne potrebbe quasi provare vergogna.

“Salva la cozza” raccoglie questa tradizione per salvare la memoria storica del popolo barese: istintivo, crudele, primitivo, che non vuole alcuna intermediazione nel proprio ciclo naturale.

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