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Impatti

05 09 11 @ 10:38  silvio.maselli

Avrei potuto volere che i numeri ci raccontassero cose meno positive, così da applicarci ad un cambio di paradigma. Questo sognano i manager, per giustificare i propri compensi.
Invece io sono orgoglioso di quel rapporto 1:6 che racconta come, per ogni euro che abbiamo investito in questi quattro anni di vita della Apulia film commission, ben 6 euro sono ricaduti direttamente sul territorio regionale.
Va studiato bene il rapporto della Fondazione Rosselli - Istituto per l’economia dei media per capire che trasparenza, velocità e certezza delle regole sono le tre migliori caratteristiche per fare una buona film commission e amministrare con sapienza i denari pubblici.

E, soprattutto, per dimostrare una buona volta che con la cultura si mangia. Eccome se si mangia. Leggere il passaggio sugli impatti di filiera allargata per capire.

Buona lettura.


Ripartenze

31 08 11 @ 07:27  silvio.maselli

Amo le ripartenze.
Soprattutto quando sono covate, pensate, studiate, volute.
Nella prossime settimane si giocherà molto del futuro e della serenità del team di Apulia film commission.
Dalla mia capacità di guidare la “macchina” dipenderanno molte nuove e - son convinto - buone cose.
Al lavoro!


“Chi lavora con me non può farsi neppure sfiorare da tentazioni diaboliche”

03 08 11 @ 10:38  silvio.maselli

Faccio mie, ogni giorno, queste parole del Presidente Vendola e ne vado fiero.
E così voglio che, nello svolgere le proprie attività per la film commission, si comportino i miei collaboratori.
E’ bello avere la coscienza pulita e saper dire dei no.
Amministrare denaro pubblico, per il bene di tutti, è la responsabilità più alta.
Fa tremare i polsi, ma riempie di orgoglio essere trasparenti e apprezzati.

Fonte:

Gentile Direttore,
nel 2005 Taranto era una città agonizzante, con una classe dirigente impresentabile, con apparati burocratici spesso corrotti e incompetenti, con sistemi di potere diffusamente infiltrati dalla malavita. Il Comune, la Asl, lo Iacp (Istituto autonomo case popolari) erano autentici “buchi neri” e non solo dei rispettivi bilanci. Il più inquinato capoluogo del Sud era passato dalle gesta populiste di Giancarlo Cito alla finta modernità aziendale di Rossana Di Bello. Un disastro che porta Taranto al record del più importante dissesto finanziario dell’intera storia italiana. Sullo sfondo di queste miserie altre miserie, la povertà esplosiva di periferie in totale abbandono, l’ingorgo di ciminiere industriali mai monitorate e, per aria e nel mare, tonnellate di inquinanti di ogni tipo. Ecco Taranto. Una città appesa alle millanterie della peggiore destra italiana, ma anche una città malata, oppressa dai veleni e dalla paura, prigioniera della propria disperazione. Io ho impegnato l’azione della mia amministrazione su molti fronti: innanzitutto quello ambientale, imponendo all’Ilva una normativa drastica di riduzione delle diossine e dei furani, e poi una normativa anti-benzoapirene, portando i controlli a tappeto su tutto il territorio ionico.
La politica è stata per decenni il notaio degli interessi dei grandi gruppi industriali allocati a Taranto, con noi è cambiata la musica. Poi abbiamo dotato la rete sanitaria del Tarantino di infrastrutture e grandi macchine, perché la domanda di salute è particolarmente pressante laddove per oltre un secolo la città ha vissuto con l’amianto e con altri ingredienti funesti. Ma il ciclo della salute non può che essere, insieme alle bonifiche ambientali, una delle grandi linee strategiche di un diverso modello di sviluppo. Il punto è tutto qui. I due ospedali tarantini, il Santissima Annunziata e il Moscati, sono due strutture vetuste ed obsolete, del tutto inadeguate ad attrarre una domanda di ricovero e cura che è in costante fuga verso il nord e verso il circuito privato. Ricordo a me stesso che la mobilità passiva (e cioè i ricoveri fuori provincia) della sola Asl di Taranto costa alla Puglia circa 120/130 milioni di euro all’anno: come se ogni anno la mia regione regalasse un nuovo ospedale alla Lombardia. Per questa ragione abbiamo deciso di dotare Taranto di un ospedale pubblico di livello internazionale, un’opera di oltre 200 milioni di euro.

MA CHE COS’È un ospedale? E cos’è un ospedale connesso all’università e quindi alla didattica e alla ricerca? Forse qualcuno pensa che si tratti di disegnare delle scatole e poi di riempirle di tecnologie e di équipe sanitarie. Non è così facile. Un ospedale è un’azienda che deve durare nel tempo, deve cercare di nascere in sintonia con le migliori pratiche mediche, deve essere una struttura che conosce la realtà epidemiologica del proprio territorio. Si poteva affidare a un qualche ufficio tecnico locale la pratica del nuovo polo della salute? Diciamo che la fantascienza mal si concilia con la prosa amministrativa. Abbiamo peccato nell’affidare al Centro ricerche dell’Università Bocconi la predisposizione del progetto preliminare? Io non credo. Potevamo scegliere di continuare a rattoppare i nosocomi esistenti? Certo, ma io penso che Taranto meritasse e meriti una risposta di radicale innovazione. Appunto: un polo della salute (cura, didattica, ricerca). Come lo facciamo? Qui entra in campo il San Raffaele di Milano, per una semplice ragione. Si tratta dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico che occupa il primo posto nella classifica italiana degli Ircs. Si tratta dell’Università privata anch’essa saldamente in testa alla classifica della qualità. Cosa fa la Regione Puglia con il San Raffaele di Milano? Regala soldi a don Verzé? E io ignoro forse che don Verzé è amico del premier? Provo a rispondere. Noi non regaliamo un euro a nessuno. La struttura è pubblica, noi non abbiamo alcuna cointeressenza finanziaria col San Raffaele di Milano, il fatto che don Verzé sia amico di Berlusconi non cambia la classifica della qualità scientifica del polo milanese della salute. A me sta a cuore solo Taranto. Il San Raffaele è partner di una fondazione in cui la Regione Puglia è l’attore centrale e controlla la cabina di regia di questo progetto: questa fondazione ha la gestione sperimentale dello start up e dei primi 3 anni di vita del futuro complesso sanitario. Finita la fase sperimentale la Regione decide come proseguire.

NEL NUOVO ospedale ci sono gli stessi identici posti letto previsti dal piano di rientro per i due nosocomi attualmente funzionanti. I contratti che medici e infermieri stipuleranno saranno quelli del pubblico impiego. Ovviamente noi, di fronte all’attuale crisi del San Raffaele di Milano, abbiamo sospeso la pubblicazione del bando per la progettazione, in attesa che la situazione si chiarisca. Se il San Raffaele fallisce noi cercheremo un nuovo partner e andremo avanti. Comunque andrà Taranto avrà il suo polo ospedaliero nuovo e sarà una grande opera pubblica. Lo dico ai miei critici in buona fede: le scelte sono tutte opinabili, chi ha responsabilità pubbliche deve ogni giorno assumere decisioni. Spesso si può sbagliare. Don Verzé è un diavolo di prete e non è lui il mio riferimento spirituale né intendo fare affari con lui (anche perché io non faccio affari).

STO SOLO tentando di dare una grande chance a una città che ha troppo sofferto. Caro Direttore, approfitto della tua generosa ospitalità per una nota a margine. Da circa 30 mesi rispondo, quasi tutti i giorni, sulle brutte storie della sanità pugliese. Non mi sono mai nascosto dietro a un dito, non ho mai minimizzato la portata della “questione morale” anche nel centrosinistra. Ho sempre riconosciuto il mio errore di presunzione (chi lavora con me non può farsi neppure sfiorare da tentazioni diaboliche). Tuttavia, ho anche rivendicato la radicalità e la tempestività con cui ho reagito alle prime avvisaglie delle inchieste. Anzi, ho cercato di fare di più. Ho voluto una legge, l’unica che c’è in Italia, che scolpisce un percorso di formazione e selezione del management sanitario, lo affida a selezionatori indipendenti e di grande autorevolezza scientifica, lo sottrae al negoziato con i partiti. Se Dio vuole, abbiamo sfidato la cattiva politica.

Nichi Vendola

http://www.facebook.com/notes/pugliamo-litalia-nichi-vendola-candidato-premier-2013/le-mie-ragioni-su-don-verzé-risposta-di-nichi-vendola-a-marco-travaglio/253392004688290


Burocrazia

02 08 11 @ 11:03  silvio.maselli

L’Italia è un paese bizzarro e divertente. Quando non hai a che fare con la sua burocrazia.
Stamattina sono arrivato in ufficio alle 9.59 perché dovevo iscrivere mio figlio alla anagrafe sanitaria.
Sono andato all’ufficio competente vicino casa alle ore 8.30. Lo sportello era aperto, ma un cartello e la funzionaria preposta mi informavano che per un guasto al sistema informatico non sarebbero stati operativi.
Ho scoperto che a Bari, la mia città, l’iscrizione all’anagrafe sanitaria dei neonati è possibile farla in soli tre Aziende sanitarie locali.
Allora ho preso la macchina e sono andato a Santo Spirito una delle due rimanenti: allo sportello era affisso un cartello che diceva “lo sportello rimarrà chiuso oggi, 2 agosto 2011″. Rivolgersi allo sportello ASL del quartiere San Paolo.
Bene. Ho bestemmiato, ma da bravo cittadino ho ripreso l’auto e sono andato al quartiere San Paolo. Trovata la ASL all’ingresso la guardia mi ha sorriso e mi ha detto che ogni giorno emettono solo 60 biglietti e che avrei dovuto ritornare l’indomani.
Finito l’infruttuoso giro delle ASL, me ne sono venuto al lavoro.
Mi chiedo, però, un cittadino che non ha l’auto e la prontezza di spirito di farsi il giro degli uffici dispersi nell’area metropolitana come diavolo fa?

Il vero problema della nostra burocrazia è che chiamiamo aziende organizzazioni fatte di uomini massacrati da anni di inefficienze e da scarsità di mezzi e risorse.
In ogni ufficio pubblico che frequento trovo sempre persone per bene e afflitte dalla scarsa organizzazione.
E allora basterebbe poco per rimettere in moto le energie disperse nel Paese profondo.
Basterebbe ad esempio che i Ministri la smettessero con le sceneggiate di leggi fintamente tagliate o dicasteri al nord e si concentrassero su poche cose, ma fatte bene.

Ce la faremo a risorgere e tornare ai fasti di un Paese capace di sorprendersi per la sua forza morale?


Il mercato e i gusti degli italiani.

27 07 11 @ 03:46  silvio.maselli

Leggere questo articolo fa molto bene: si capisce quale opinione hanno certi uomini di marketing prestati al cinema di chi vive in città (meglio, nel centro delle città) e chi in paese o in periferia. L’Italia si sta trasformando e i gusti degli italiani saranno presto monopolizzati (o dovrei dire “oligopolizzati”) da una medietà orrenda.
Noi, la parte nostra la stiamo facendo con D’Autore. Ma non basta. Si deve correre ai ripari. E occorre farlo presto.

Cinema & Business Duello in (multi) sala
Mediaset-Benetton e il fondo americano Terra Firma ora controllano il 41% del mercato italiano Grazie alle acquisizioni hanno raddoppiato il fatturato in un anno. Gli investimenti. Le polemiche

Lo scenario è cambiato nel giro di un anno: la dove c’ erano cinema e multisale indipendenti ora c’ è un duopolio. Due grandi circuiti che si dividono la maggior parte degli schermi italiani: Uci-Odeon, di proprietà del fondo Usa Terra Firma, e The Space, di proprietà di 21 Investimenti (Benetton) e Mediaset. L’ ultimo atto della battaglia a suon di acquisizioni ingaggiata dai due investitori si è chiuso nei giorni scorsi. L’ ultimo colpo Terra Firma, guidata a livello mondiale da Guy Hands, ha prenotato i multiplex del gruppo italiano Giometti e quelli del francese Ugc. Benetton e Mediaset hanno risposto comperando il più importante circuito di cinema nel nordest, Cinecity, e avviando trattative per altre due-tre multisala. Risultato: il fondo Usa controlla 420 schermi in 39 siti, mentre The Space ha 347 sale in 34 siti. Il 41% del mercato italiano è in mano a questo duopolio del multiplex e il terzo competitor ha poco più dell’ 1%. “Il mercato si è mosso molto nell’ ultimo anno e mezzo - spiega l’ amministratore delegato di The Space, Giuseppe Corrado - prima c’ era solo Uci, poi è nata The Space dall’ unione di Medusa Multicinema e Warner Village e ci siamo avvicinati agli standard europei dove la quota in mano ai grandi gruppi è del 60%”. Ora in Italia di circuiti da comperare non ce ne sono più e crescere le quote di mercato sarà più difficoltoso. “Il mercato è maturo - spiega Giuseppe Stratta, Ceo di Uci-Italia - ma c’ è ancora spazio per crescere”. Anche The Space guarda avanti. “Con Cinecity - spiega Corrado - abbiamo acquisito in un colpo solo il 4,5% del mercato, 3 sale nelle prime 10 in termini di affluenza. Ora per crescere ci sono due possibilità: fare tante piccole acquisizioni tra le sale da 300mila spettatori, oppure nuove aperture. Nel Sud e nelle isole ci sono ancora zone che vogliamo coprire. E Giometti ha ancora da vendere due sale a Rimini e Prato”. I progetti Uno dei punti di forza del mercato nazionale per i padroni dei maxi-schermi sono cinepanettoni e commedie. “Con una quota del 25-30% di film locali - spiega Stratta - il mercato è autonomo rispetto alle grandi produzioni americane”. La capacità di generare cash flow immediato dalle biglietterie e le previsioni di crescita stabile (+6% entro il 2013) rende il cineplex un investimento appetibile per molti fondi di private equity. Uci-Odeon è un gruppo internazionale che controlla più di 2mila schermi in tutta Europa e sta passando proprio in questi giorni a Bc Partner e a Omers Private Equity, il fondo pensione dell’ Ontario, per 1,3 miliardi di euro. “C’ è una trattativa in corso - conferma Stratta - ma pensiamo che il nuovo proprietario intenda proseguire negli investimenti”. In Gran Bretagna il secondo circuito del paese (Vue) è stato comperato da Doughty Hanson per 600 milioni e ora starebbe pianificando l’ acquisizione di un competitor per realizzare nuove sinergie. In Italia dopo un anno di shopping i due contendenti hanno raddoppiato il fatturato a 200 milioni circa, prevedono un Ebitda del 12% per il 2012 e programmano investimenti in tecnologia, marketing, allestimenti, palinsesti e nuove aperture. Uci ha appena aperto la prima sala Imax a Pioltello, in provincia di Milano, e sta digitalizzando tutti i suoi schermi. The Space ha risposto con la sala di prima classe all’ Odeon di Milano, con poltrone Frau. Tutti e due si contendono un bacino di spettatori di 100-120 milioni di persone l’ anno, a seconda dei colossal in circolazione, con le proiezioni in 3D di film, concerti, partite di calcio, reality. “È la forma di entertainment più a buon mercato che ci sia - dice Stratta -. Otto euro per tre ore di divertimento. Con più circuiti di multisale con 11-12 schermi è possibile realizzare sinergie e finanziare gli investimenti in tecnologia”. L’ idea di Benetton e Medusa è quella di trasformare i multiplex in luoghi di divertimento interattivo dove gli spettatori vengono coinvolti, tramite votazioni e sondaggi, anche nella creazione dei palinsesti. “I nostri incassi - spiega Corrado - derivano per il 25% dal bar per il 65% dai biglietti e per il 10% dalla pubblicità, quella commerciale e quella cinematografica”. I due rivali sono concordi nel rispondere alle critiche di scadimento culturale. “Proiettiamo cioè che chiede il pubblico - dice Stratta -. Nelle sale di periferia film di cassetta, in quelle centrali film di qualità. L’ esistenza di grandi circuiti non toglie nulla ai piccoli esercenti in termini di distribuzione. “Pirati dei Caraibi” è stato distribuito in 950 sale. Noi lottiamo a favore del cinema, per far rispettare la finestra di 15 settimane prima del passaggio di una pellicola in dvd o premium tv”. Le polemiche? “Una lobby di piccoli esercenti che sta uccidendo il cinema - risponde Corrado -. A Firenze-Novoli, per esempio, dove abbiamo comperato, c’ erano otto sale pronte da anni che aspettavano di essere aperte. Alla fine il sindaco Renzi ha deciso di consultare la gente del quartiere e ci ha dato via libera. Per il cinema di qualità c’ è sempre una sala a disposizione. A Milano, per esempio, apriamo la mattina”.

Scagliarini Roberta

Pagina 10
(6 giugno 2011) - Corriere Economia

Fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2011/giugno/06/Cinema_Business_Duello_multi_sala_ce_0_110606029.shtml


E se li merita tutti…

27 07 11 @ 03:31  silvio.maselli

http://www.youtube.com/watch?v=hsv34Ng_Rik

http://www.youtube.com/watch?v=rGa70tVYVKo

http://www.youtube.com/watch?v=7zbkUT0dLmc


Constatazione

20 07 11 @ 05:14  silvio.maselli

A chi ancora ci chiede: “perché non fate dei teatri di posa in Puglia”, rispondo così:

“Il Ministero del lavoro, i sindacati e la società Btl srl - cui fa capo la produzione di “Agrodolce” – hanno raggiunto un accordo per la cassa integrazione dei lavoratori della soap opera di RaiTre ideata da Giovanni Minoli. La Regione Sicilia garantirà il 40% della spesa che copre il periodo tra l’11 marzo e il 31 luglio (Rai finanzia la fiction con i fondi del Fas destinati allo sviluppo delle aree svantaggiate). Sono in agitazione gli attori della serie (il cast ha firmato un contratto di 26 mesi), che hanno chiesto che venga finalmente deciso se proseguire con la produzione o meno. Le riprese di “Agrodolce” si sono fermate a marzo a causa di un aumento dei costi di produzione della società Einstein che dallo scorso ottobre non sarebbe riuscita a incassare fatture per 4mln di euro.”

Fonte: e-duesse.it


Specchia e il suo Cinema del Reale

19 07 11 @ 03:49  silvio.maselli

Quest’anno non potrò esserci, come facevo ogni anno, alla Festa del Cinema del Reale di Specchia.
Ma è come se fossi lì, sotto il sole cocente della pietra salentina, ancora calda di solleone alle sette di sera per le prime attività, gli incontri, i libri e i dvd da comprare sulle bancarelle, le proiezioni nel magnifico cortile del palazzo, le installazioni sempre stupefacenti e le mostre e i drink cercando all’orizzonte le cime d’Albania.
Un appuntamento imperdibile per fare un giro nel cinema documentario che “gira intorno” e per confrontarsi con le tendenze culturali più avanzate.
Auguri alla ottava edizione di Cinema del Reale, un caro saluto agli amici di Big Sur e alla loro voglia di non mollare mai.

http://www.cinemadelreale.it/cdr/


Harry Potter e noi.

18 07 11 @ 09:35  silvio.maselli

Rimango esterrefatto dinanzi ai numeri di Harry Potter la cui stringa Cinetel riporto sotto:

1 0 HARRY POTTER E I DONI DELLA MORTE - PARTE 2 (HARRY POTTER AND THE DEATHLY HALLOWS: PART 2) WARNER BR 5gg 5466642,32 0 1008 5423,26 0 1008 0 10539322,94 13/07/2011

Quel 1.008 è il numero di schermi in cui il film è uscito in Italia cinque giorni fa. Milleotto schermi. Con una media copia di 5.423 € a schermo. Numeri pazzeschi.
Che dicono non della (indiscutibile) forza del film, quanto della inane e svogliata capacità dei distributori italiani (e degli esercenti) di rischiare qualcosa in più d’estate, puntando al pubblico di nicchia, che c’è, ma non ha voce né prodotto ed è costretto a rimanere in casa o a riversarsi nei tristi solchi dei percorsi del consumo estivo.

E questi numeri mi convincono che avevamo ragione Angelo Ceglie ed io, quando in un Consiglio di Amministrazione della AFC della lontana primavera 2008 lanciammo l’idea di un circuito di sale di qualità che, grazie ai fondi strutturali veicolati dalla Regione Puglia è diventato D’Autore.

Avevamo e abbiamo ragione se si prende ad esempio cosa è successo in questo weekend con la sala ABC di Bari che sabato e domenica fa 150 spettatori paganti per una rassegna in pellicola di titoli del passato (http://www.circuitodautore.it/news/35-sere-destate-con-il-cinema-dautore-in-35-mm/#more-4982).

Avevamo ragione. Ma non tutti lo hanno ancora capito.


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