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Backstage #4

12 11 07 @ 10:40  raffaella.delvecchio

Pensiero del lunedì. Antiche reminiscenze su carta verde.

Lettera del ’93 ad un naziskin.
Apparso su “Cuore” a firma del direttore, Michele Serra.

Caro naziskin, io scrivere te con parole facili facili, così forse tu capire.

Io leggo su giornali che tu essere ‘bestia’ e ‘belva’, ma io non credere. Io credere tu essere ignorante: e ignoranza è grande problema per tutti, anche per me. Perché persona ignorante è persona debole, e persona debole è persona che ha paura, e persona che ha paura è persona che diventa cattiva e aggressiva, e fa “bonk” con bastone su testa di poveraccio.

Vere ‘bestie’ e ‘belve’ sono certi giornalisti (molti) e certa televisione (quasi tutta), che dicono stronzate così noi restare tutti ignoranti e potere resta in mano di potenti.

Io vuole dire questo: se tu picchia un poveraccio, tu non dimostra tua forza. Tu dimostra tua debolezza e tua stupidità. Perché sua testa rotta non risolve tuo problema. Tuo problema è che tu vivere in periferia di merda, senza lavoro o con lavoro di merda. Tuo problema è che tu essere ultima ruota del carro. Allora tu volere diventare forte, e tu avere ragione. Ma nessuno diventa forte picchiando (quaranta contro due) due persone deboli. Se tu volere diventare forte, tu dovere ribellarti a tua debolezza. Tu dovere pensare. In tua crapa rapata esserci cervello. Tu allora usare cervello, non bastone. Tuo cervello avere bisogno di cibo, come tua pancia. Tu allora provare a parlare, a leggere, a chiederti perché tu vivere vita di merda. Questo essere: cultura. E cultura essere sola grande forza per migliorare uomo.
Io sapere: leggere essere molto faticoso. Pensare essere ancora più faticoso.
Molto più faticoso che gridare “negro di merda”, o “sporco ebreo”: gridare stronzate essere molto facile, basta vedere presidente skinhead Cossiga. Tutti essere capaci di insultare e odiare.

Me non importare niente se tu avere crapa rasata e scarponi: per me, tu potere anche metterti carciofo su testa e tatuare tue chiappe. Me importare che tu rispetta te stesso, tuo cervello e tua dignità, così forse tu impara anche a rispettare altri uomini. Se tu grida “sporco ebreo”, tu dovere almeno sapere cosa essere ebreo. E se tu sapere cosa essere ebreo, tu provare a chiederti come sarebbe bello se bruciassero in forno tua madre, tuo padre, tuoi fratelli, tuoi amici e te. Se tu comincia a fare domande, tu comincia a vincere. Domande essere come chiavi di macchina: basta una domanda per accendere motore e andare lontano.
Io molto preoccupato per te (e anche per testa di quelli che vuoi picchiare). Io preoccupato perché il potere, quando vede persone ignoranti e cattive, può fare due cose: metterti in prigione, e prigione è come immenso “bonk” su tua testa. Oppure servirsi di te come uno schiavo, mandarti a picchiare e torturare e bruciare mentre lui, intanto, vive in bella casa con bella macchina e bella figa. Vuoi essere libero? Tieni tua testa rapata, ma impara ad amare tuo cervello. Forza e potere abitano lì: dentro zucca, non sopra zucca. Ciao.


Dall’Obiettivo #2

09 11 07 @ 01:53  raffaella.delvecchio

Riceviamo e pubblichiamo con piacere le note del regista Alberto Negrin, reduce dalle riprese pugliesi del film Tv “Pane e libertà - Vita di Giuseppe Di Vittorio“, che si è girato tra Gravina, Altamura e Cerignola

 

Ogni volta che mi succede dimentico che non è stata la prima e che non lo sarà mai perchè il mestiere che facciamo, quello di filmare nei luoghi della realtà e non in teatri con scenografie ricostruite, ci porta sempre, e meravigliosamente, a conoscere e assaporare umanità sempre diverse e sorprendenti. Così è stato per la Puglia dove ho ambientato una buona metà delle riprese del mio ultimo film sulla vita di Giuseppe di Vittorio “Pane e libertà”.
Ogni volta, dovendo lasciare per lunghe settimane la propria casa, si pensa con un certo fastidio alle scomodità che ci aspettano, alle incognite alimentari e umane e agli inevitabili problemi che potrebbero nascere da nuovi incontri. Poi, ogni volta, accade che al termine delle riprese, la nostalgia e la malinconia ti afferrano alla gola e ti ritrovi a fantasticare su quando ti si riprenseterà una occasione simile, su quando potrai rifare una esperienza del genere e tornare.
Sono stato per più di quattro settimane a Gravina in Puglia dove abbiamo ambientato la maggior parte delle scene, tre giornate ad Altamura e un paio a Cerignola. L’impatto è stato eccezionale, la disponibilità sia delle istituzioni che della gente comune è stata entusiastica. Una cosa del genere ormai è impossibile non solo in una città come Roma ma in gran parte d’Italia.
Dove avrei potuto ritrovare tante facce così autentiche che riportavano in vita gli anni in cui Di Vittorio visse? Facce scavate, vere, ancora legate alla terra, facce con la sofferenza naturale, con la difficoltà del vivere giorno dopo giorno visibile concretamente, per davvero, senza necessità alcuna di ‘recitarla’. Durante la fase preparatoria del film ho fotografato una quantità enorme di luoghi prima di fare la scelta definitiva e devo confessare che di alcuni che sono stati esclusi ho il rammarico di non averli potuti utilizzare. Anche questo è un forte motivo per tornare, ‘li utilizzerò la prossima volta’ mi sono detto, ‘perchè è veramente un peccato non mostrarli nella loro magnificenza e unicità’.
Ricordo che all’inizio, quando ci si dava un appuntamento, l’approssimazione nella puntualità era enorme, mezz’ora in più o in meno non faceva alcuna differenza per i nostri interlocutori. Sono bastate poche ore, in qualche caso un solo giorno, perchè la ‘cultura’ della puntualità e della precisione diventasse regola ‘normale’ anche per una popolazione che non ha mai dato peso eccessivo al valore del tempo. Hanno capito tutti che ogni minuto perso era per noi un danno considerevole, ogni minuto aveva un costo di grandi proporzioni, che ogni minuto disperso significava dover rinunciare a qualche cosa del film, impoverendolo così inevitabilmente.
Credo che il nostro lavoro sia anche stato, per coloro che ci hanno seguiti giorno dopo giorno, un meraviglioso modo di vedere dall’interno come si fa un film, quanta sia la fatica necessaria, la cura meticolosa nei dettagli, la quantità enorme di cose che si devono fare.
Da parte nostra abbiamo imparato a conoscere una cultura, una tradizione e una lingua orgogliose delle loro radici. Ci siamo insomma reciprocamente ‘ammaestrati’.
C’è stato qualche elemento che mi ha colpito negativamente? Possibile che tutto sia stato così perfetto? Non ci sono state difficoltà o negatività?
Credo che l’unica cosa che non è cambiata con il nostro arrivo e che alla nostra partenza era ancora immutata sia stata l’abitudine radicata di utilizzare la raccomandazione, la rete di amicizie e conoscenze, le parentele, la maniera da tutti accettata di chiedere favori in cambio di favori, se io ti chiedo un permesso tu ti senti in diritto, direi obbligato a chiedermi una presenza nel film. Credo che questo sia il principale problema rimasto aperto tra noi alieni e stranieri e i cittadini di Gravina, Altamura e Cerignola che hanno in diversa misura partecipato al nostro film. E questo ‘modo’ di intendere le relazioni è una caratteristica non solo dei comuni cittadini ma di tutti, dalle autorità istituzionali fino alla semplice e ultima comparsa. E ancora adesso che ho lasciato la Puglia da una settimana, mi chiedo: perchè? Perchè si deve costruire il proprio avvenire sul favore e non sulla capacità professionale? So bene che questa caratteristica non è solo pugliese ma di gran parte dell’Italia intera. Ma perchè deve essere così?
Per quel che riguarda la parte artistica ho avuto alcuni ottimi attori pugliesi. Grande professionalità e grande disponibilità. Anna ferruzzo, Manrico Gammarota, Gianni Lillo, Giovanni Esposito….fino ad arrivare al grandissimo Pierfrancesco Favino, il nostro Di Vittorio, pugliese anche lui. E i bambini, alcuni dei quali con ruoli molto importanti, quasi protagonisti? Magnifici! Stoici! Al freddo, sotto la pioggia, di giorno e di sera, a piedi nudi su sassi e strade bianche! Con le mamme che si dispiacevano se si fossero sentiti stanchi o affamati.
Facendo dell’autobiografia devo ricordarmi che una trentina di anni fa ho girato un altro mio film tra Altamura, Bari e Matera ed aveva come protagonista Michele Placido, era un film sulla Guerra civile spagnola e raccontava l’arruolamento con l’inganno dei braccianti che credendo di andare a lavorare in Africa si trovarono a combattere in Spagna dalla parte dei Franco. Il titolo era ‘Volontari per destinazione ignota’. Ho ritrovato così vecchi amici che ancora ricordavano dei dettagli che io avevo invece dimenticato.
Non posso che concludere con la certezza che l’anteprima nazionale del film sarà certamente una ragione forte e sicura per un mio ritorno nei luoghi in cui il film è nato.
Dico grazie! a tutti sapendo di non esprimere che in modo banale e minimo quanto invece provo per tutto ciò che ci è stato così generosamente dato a cominciare dalla Film Commission pugliese. Un grazie e una fortissima stretta di mano! ( Tutti coloro che mi conoscono sanno che non stringo mai la mano a nessuno se non a cose fatte e quando proprio ci vuole….). Grazie ancora….!

Alberto Negrin


Backstage #3

07 11 07 @ 09:45  silvio.maselli

Oggi appena svegliato ho capito una cosa.

Non è importante saper fare qualcosa, è importante saperla fare con gli altri. La Film commission della Puglia deve connettere, unire. E mi vengono in mente le parole di Vinicius De Moraes: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”. Leggi e Commenta »


Backstage #2

06 11 07 @ 07:15  raffaella.delvecchio

Il tavolo che regge i miei gomiti, mentre scrivo, è rotondo. E’ di vetro. E’ un tavolo.

A seconda dell’andamento delle giornate, le impronte digitali si sovrappongono. Tanta gente, tante impronte, tante parole, tanti progetti. Lavoro con la gente, lavoro al telefono, lavoro e comunico attraverso il monitor grigio che incornicia le mie parole, adesso. Leggi e Commenta »


Dall’Obiettivo #1

06 11 07 @ 05:38  raffaella.delvecchio

Riceviamo da Daniele Cascella questo stralcio dal suo diario che, con piacere, pubblichiamo.

 

Daniele Cascella ha curato la regia e il casting di alcuni spot pubblicitari e ha lavorato, col ruolo di assistente e aiuto regista, nella lavorazione dei film: L’ultima lezione di Fabio Rosi, La via degli angeli di Pupi Avati, Federico II di Carlo Lizzani, Mario, Maria e Mario di Ettore Scola e La scorta di Ricki Tognazzi. Ha diretto i cortometraggi Verso Roma, in concorso al festival di Salerno e ad Anteprima per il Cinema, Chi era Piripicchio?, segnalazione della giuria del “Premio Libero Bizzarri”, e Bbobbolone!, premio Rai Cinema per il migliore cortometraggio al festival di Trevignano Romano. Nel 2005 ha realizzato il cortometraggio “Compito in classe” dedicato al tema degli abusi sui minori, ispirandosi ad un atroce fatto di cronaca pugliese.

 

Ed eccomi qui a raccontare la mia prima esperienza di regista di un lungometraggio per il cinema a Low budget o meglio No budget. Leggi e Commenta »


Backstage #1

05 11 07 @ 06:15  silvio.maselli

Vista da dentro la Apulia Film Commission è un vento di tramontana. La Fondazione è nata il 2 luglio 2007 con la nomina del direttore. E’ divenuta cioè operativa solo dopo aver acquisito la capacità di assumere decisioni, di programmare, di ideare e, soprattutto, di realizzare. Abbiamo deciso di darci un ordine e delle scadenze. E allora abbiamo tirato giù un documento di indirizzo che si chiama Master Plan che ragiona su un arco di tre anni. L’assessore alla cultura Godelli non ha lesinato giudizi e consigli e ha preparato il terreno perché partissimo seriamente. Fatto il lavoro duro, ha nominato il nostro Presidente, Oscar Iarussi. Uomo di cinema. Uno che capisce quanto è difficile e a cosa possiamo servire noi. Con lui il vice, Gigi De Luca, forte dell’esperienza del Salento Film Fund e della sua passione di uomo di cultura e per la cultura. Mica male, penso. Leggi e Commenta »


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