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Succede

29 06 12 @ 04:16  silvio.maselli

Se per oltre tre anni ti svegli la mattina alle cinque, saluti tuo figlio piccolo e tuo marito, prendi la macchina e raggiungi la stazione di Lecce, prendi il treno e arrivi a Bari, attendi l’autobus e dopo tre ore dalla partenza da casa arrivi all’ingresso della Fiera di Bari. Se arrivata lì, che faccia caldissimo o freddissimo poco importa, perché ti tocca fare a piedi ancora un mezzo chilometro per arrivare in ufficio.
Se per oltre tre anni fai questo per l’Apulia Film Commission, vuol dire che hai trovato quel che cercavi e che il tuo datore di lavoro ha trovato una donna su cui investire.

E’ successo che passione e competenza hanno trovato una fusione rara.

Ma succede che questo ritmo ti logora, che tuo figlio non ti riconosca più, che alla prima buona occasione rimetti in gioco le priorità e la vita prende un altro giro.

Oggi è l’ultimo giorno di lavoro, per noi, di una di noi.
Lei sa quanto bene le vogliamo. E sa che, volere bene, significa volere il bene di una persona.

Il tuo bene, Francesca, è quello che hai scelto. Non versare lacrime e pensaci sempre alle prese con CUP, CIG, procedure, determine, film, interrogazioni consiliari, lettere agli avvocati, fotografi esigenti, photoscouting, arrabbiature, i location scouting del baso, le sceneggiate, Vavu&Max, graduatorie, abbracci, sceneggiature, registi, attori, questuanti, pazzi, consigli di amministrazione, distretti, i centri di costo, i centri studio, le corrette imputazioni, d’autore, l’audit!, isterismi relativi, i pagamenti da fare di corsa, le firme da prendere al Rup, radiocinemaroma, lo staff brief del lunedì, le trasferte, chi va a Venezia?, forse, closing the gap, e che gap…, l’Ipa, il PO FESR, frontiere, le brutte telefonate, Paola&Chiara, Robi&Costa, la tua Cri, il nostro cuore grande al servizio di un’idea alta che abbiamo chiamato Puglia Migliore.
Ovunque saremo, a questo penseremo. Non è forse vero?


Sono stati un esempio

28 06 12 @ 10:43  silvio.maselli

I colleghi che hanno fatto in questi anni la Friuli Venezia Giulia Film Commission sono stati un esempio per tutti noi.
Hanno inventato il funding per l’audiovisivo, dotandosi di regole trasparenti e di modalità di funzionamento efficienti.
Ora la cattiva politica, di fatto, li chiude con un dibattito stomachevole che a fatica a nascondere l’intento censorio teso a impedire alla FVG Film Commission di finanziare l’ultimo film di Marco Bellocchio.
Io non credo basti in alcun modo portare ai nostri colleghi la solidarietà della Film Commission pugliese. Penso che un qualunque cittadino dovrebbe rivoltarsi dinanzi a questa scelta ignobile che butta acqua sporca e bambino e uccide una delle esperienze istituzionali più belle in Italia.

Questa politica mi fa schifo. L’ho detto.

Fonte:
http://www.tgr.rai.it/dl/tgr/regioni/PublishingBlock-cea42243-992b-482c-b385-32bcf35835b4.html


La brutta politica

27 06 12 @ 08:42  silvio.maselli

Si può fare tutto in questo Paese, stuprare la Costituzione, approvare leggi elettorali orrende, approvare una cosa che si chiama IMU e dare la colpa a Monti per la sua introduzione, ma quando tocchi la Rai allora gli autori delle peggiori nefandezze dell’ultimo ventennio fanno di tutto per non appoggiare qualsivoglia ipotesi di miglioramento di un’azienda morente.
Io spero scompaiano dalla faccia della terra politica. Perché loro sono la brutta politica.

Fonte:

Rinviato il voto per l’elezione dei sette membri del consiglio di amministrazione Rai di competenza della commissione di Vigilanza. I rappresentanti di Lega e Pdl erano infatti assenti al voto, facendo mancare il numero legale (alla convocazione si sono presentati solo in 18). Ieri il Pdl aveva chiesto il rinvio della seduta, negato dal presidente della Commissione Sergio Zavoli, per poter discutere una mozione alla Camera.

www.eduesse.it


Closing the gap II

26 06 12 @ 01:23  silvio.maselli

Closing the gap è un concentrato di futuro che riproponiamo quest’anno.
L’Europa della crossmedialità si confronta per alcuni giorni a casa nostra.
Ne siamo orgogliosi.


La giustizia e i cambiamenti lenti

25 06 12 @ 08:49  silvio.maselli

Se nel campo del rating esiste una mediocre concorrenza tra grandi gruppi americani (Standard and Poor’s, Moody’s e la più piccola Fitch che dominano il mercato impedendo, grazie alla complicità del Governo del Paese che ne ospita la sede legale, l’ingresso nel mercato di altre agenzie nazionali pure autorevoli, come la cinese o la brasiliana) in quello della rilevazione dei dati d’ascolto italiani, invece, non esiste alcuna concorrenza neanche nominale.
Così la posizione dominante di Auditel è sconfortante e poiché nel suo CdA siedono 18 uomini in larga prevalenza espressione delle quote relative di Rai (33%), Mediaset (33% e potere di controllo) e UPA - Unione de pubblicitari, non è difficile capire perché nuove piattaforme come il web o il digitale satellitare siano assai sottostimati.

Per fortuna viviamo in uno stato di diritto, così la legge può essere elusa dai furbacchioni, ma fatta applicare dai giudici.
Ma questo è uno dei temi su cui il nuovo Parlamento dovrà necessariamente interrogarsi.

Fonte: e-duesse.it

La I sezione del Tar del Lazio ha respinto il ricorso di Auditel contro la multa da 1,8mln di euro inflitta lo scorso dicembre dall’Antitrust per abuso di posizione dominante. La società di rilevazione, guidata da Walter Pancini, era stata oggetto di un’istruttoria dell’Authority a seguito di una denuncia di Sky. L’indagine aveva riscontrato che Auditel aveva ostacolato - tra la metà del 2009 e l’ottobre 2010 - la pubblicazione giornaliera dei dati di ascolto tv di ciascun canale distinti per piattaforma tecnologica. Dalla seconda metà del 2008 fino a gennaio 2010 era invece stata ostacolata la pubblicazione giornaliera dei dati della voce “altre digitali terrestre”. Infine, erano stati attribuiti i dati di ascolto rilevati nel panel anche alla popolazione non dotata di apparecchi tv.


Serietà, trasparenza, credibilità

21 06 12 @ 11:40  silvio.maselli

I soci della Fondazione Apulia Film Commission sono 24 tra Regione Puglia, Comuni e Province.
Si va, per esempio, dal Comune di Bari (sinistra) a quello di Lecce (destra); dalla Provincia di Foggia (centro) a quella di Lecce (destra) o Brindisi (sinistra) e così per i comuni meno grandi.
Tutte le attività della Apulia Film Commission vengono approvate dal Consiglio di Amministrazione che ha sempre votato alla unanimità, pur rappresentando al suo interno sensibilità assai diverse fra loro politicamente.
In Consiglio siede anche, obbligatoriamente, il Collegio dei Revisori dei Conti, un trio di professionisti indipendenti e tuttavia nominati dai Soci in rappresentanza di culture politiche e di territori differenti.
Al Collegio spetta il compito di effettuare il controllo contabile, di verificare che ogni atto del CdA abbia copertura finanziaria e che gli corrisponda un centro di costo, che i bilanci siano apposto. E molte altre cose.
Almeno due volte l’anno l’Assemblea dei Soci si riunisce per discutere e approvare i bilanci di previsione e consuntivo dell’anno precedente che, dopo l’approvazione, viene sempre pubblicato su questo portale web in ossequio al principio di trasparenza e inviato sia in Camera di Commercio che alla Regione Puglia per controlli contabili ulteriori.

Per quanto concerne i progetti speciali effettuati con fondi diversi da quelli ordinari (FESR, Media, SEE, IPA, Interreg o altri), ogni scrittura contabile relativa viene sempre contabilizzata e tutte le attività vengono monitorate da due diversi livelli di “audit”: il primo regionale a cura della struttura che ha erogato quelle risorse e il secondo dalla Commissione europea che invia presso i nostri uffici tecnici competentissimi e pignolissimi.

Dopo eventi di spettacolo dal vivo, come ad esempio il Bif&st, la Guardia di Finanza è venuta spesso a effettuare riscontri e verifiche allo scopo di validare e confrontare le nostre dichiarazioni con il numero di spettatori, le procedure adottate e quant’altro di loro pertinenza.

Tutto il personale assunto o collaboratore della AFC ha superato regolari e rigorose selezioni pubbliche (anche perché da noi devono e possono lavorare solo i più bravi) rispondendo prima ad avvisi, pubblicati sempre sul nostro portale web e su quello della Regione Puglia, e poi partecipando - in possesso dei requisiti di ammissibilità - a regolari colloqui con commissioni composte da almeno 3 persone.

Moltissimi studi internazionali e un recente studio della autorevole Fondazione Rosselli dimostrano che, per ogni euro investito in produzione audiovisiva in Puglia, almeno 6,3 le stesse li spendono in regione producendo effetti moltiplicatori importanti e creando sviluppo locale, posti di lavoro, accrescimento culturale, turismo di qualità. Cosa risaputa da tempo e verificata da tantissima letteratura scientifica.

E allora invito i signori Caroppo, Cobianchi o i pochi altri che sui social media si divertono a colpire la nostra credibilità a venire a trovarci, quando vogliono, anche senza preavviso, e ad effettuare i controlli che riterranno necessari affinché possano poi chiedere scusa alla intelligenza dei propri lettori e a tutti coloro che, non senza fatica e passione, tutti i giorni lavorano per l’Apulia Film Commission e per rendere migliore questa odiosamata regione (e Paese) che ci tocca condividere con questi propagandisti del nulla.

Spunti:
http://www.consiglio.puglia.it/applicazioni/cadan/cms_AgenziaNotizie/dataview.aspx?id=174258
https://www.facebook.com/pages/Mani-Bucate/161439023945077
http://manibucate.com/2012/06/21/apulia-film-commission-colpisce-ancora-valanga-di-finanziamenti-a-serie-tv-corti-e-lungometraggi/


I temi, appunto.

21 06 12 @ 10:25  silvio.maselli

Ricordate? Qualche giorno fa postavo un ragionamento sul rischio che al di là dei numeri, quel che conta sono le storie.
E se il cinema italiano ripercorre generi e linguaggi deja vu, non parliamo allora della televisione.
Dal bio-pic al vuoto stellare. Bene, bravi, bis.

Fonte:

Sarà battaglia di fiction. Un incrocio di spade affilate, a colpi di storie e cast acciuffa ascolti. Rai e Mediaset presentano i propri palinsesti autunnali e il gioco, come si sa, si fa duro.

Tanto più che la crisi occhieggia da dietro l’angolo, pronta a piombare su chi fa il classico passo più lungo della gamba. La fiction avrà una parte decisamente strategica nella stagione che prenderà il via alla fine dell’estate, e sia Rai sia Mediaset puntano ad alternare certezze consolidate a qualche novità. E siccome la sfida richiede anche strategie a lungo termine, le maestranze sono già al lavoro alla realizzazione di prodotti attesi lungo tutto l’anno a venire. Per l’autunno che verrà, Raiuno ha in serbo ben quattro prime serate dedicate alla fiction: il titolo più atteso è certamente il Commissario Montalbano che verrà anticipato all’autunno.
Altri titoli: A un passo dal cielo 2 (protagonista sempre Terence Hill, nei panni del comandante del corpo forestale Pietro a San Candido tra le Dolomiti, e Gaia Amaral), Il commissario Nardone con Sergio Assisi, Gente di Mare - L’Isola di Alberto Negrin oltre a K2 (prodotto da Red Film, diretto dallo stesso Robert Dornhelm di Spartaco-Il gladiatore), miniserie in due puntate sulla storica spedizione italiana guidata da Ardito Desio sul tetto del mondo nel 1954, con Marco Cocci, Marco Bocci, Giorgio Lupano, Giuseppe Cederna.
Il poker da fiction non prende in contropiede Canale 5, che pure sforna una quaterna: i nuovi episodi de I Cesaroni 5 con due ritorni giudicati fondamentali, quello della risata (lo ha assicurato da tempo la star della serie Claudio Amendola) e quello di Elena Sofia Ricci. E se il suo personaggio Lucia torna in scena, a porgere distinti saluti sarà quello di Olga, alias Barbara Tabita. La quinta serie sarà anche l’ultima per Matteo Branciamore e Alessandra Mastronardi. Vanno sul sicuro anche Squadra Antimafia 4 (con Simona Cavallari, Giulia Michelini e Marco Bocci: la serie durerà per ben 12 settimane, due in più rispetto alla precedente) e Onore e Rispetto 3 (Gabriel Garko nel ruolo di Tonio Fortebracci), mentre la carta vincente sarà senza dubbio il nuovo Dallas, con i ritorni di J.R. e compagnia famigliare e petrolifera. Il ritorno alle cattiverie della potente famiglia Ewing è una sorta di “operazione nostalgia”, forse per ricordare quei primi anni ’80 in cui ci si lasciava i cupi ’70 alle spalle.
Altri tempi, meno difficili di questi. Ci sono poi le novità in preparazione.

Da pochi giorni a Roma, ad esempio, si sprecano i ciak per le riprese de L’Ultimo Papa Re, fiction prodotta dalla Dauphine Film Company per Raifiction ispirata al film del 1977 In nome del Papa Re di Luigi Magni. E se un tempo il protagonista assoluto era Nino Manfredi, ora tocca a un altro romano illustre come Gigi Proietti. La regia del tutto resta, come dire, in famiglia, con Luca Manfredi. Altro progetto Rai di indubbio appeal è quello - prodotto dalla Leone cinematografica e diretto da Alberto Negrin, - incentrato sui giudici-simbolo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi negli attentati mafiosi avvenuti nel 1992: I 57 giorni del titolo sono quelli che separano la morte di Falcone a Capaci da quella di Borsellino (interpretato da Luca Zingaretti) in via d’Amelio. Riprese estive anche per Un medico in famiglia 8, con il ritorno di Lino Banfi alias Nonno Libero (presente in sei puntate sulle 13 previste), e sicuri sono i bis di Il Restauratore, Che Dio ci aiuti e Paura d’amare. Nuovi progetti Modugno (Beppe Fiorello interpreta il mitico Domenico, Kasia Smutniak sarà sua moglie), Le Memorie di Adriano (sempre con Garko), Casa e Bottega (ritorno di Renato Pozzetto in tv, nel ruolo di un imprenditore in crisi), Un caso di coscienza 5 e Olivetti (sempre con Zingaretti).

Mediaset risponde con le riprese di Ris Roma 3, Onde (con il ritorno di Vanessa Incontrada protagonista con Daniele Liotti e Francesco Montanaridi), Baciamo le mani con Sabrina Ferilli e Virna Lisi e la seconda stagione de Il tredicesimo apostolo, fiction thriller con Claudia Pandolfi e Claudio Gioè. L’onnipresente Garko sarà anche protagonista, su Canale 5, di Rodolfo Valentino (con Giuliana De Sio e Cosima Coppola) e Il peccato e la Vergogna 2. Per lui, la crisi non esiste.

http://www.ilgiornale.it/spettacoli/la_guerra_fiction/20-06-2012/articolo-id=593301-page=0-comments=1


Fili rossi

18 06 12 @ 04:31  silvio.maselli

A volte mi accorgo di dedicare troppa attenzione ai numeri, all’impianto industriale dell’audiovisivo, dimentico che noi viviamo di contenuti e che, oltre un decennio fa, decisi di occuparmi di cinema per cambiare il mondo con altri mezzi.
La nostra è la lingua dei segni e con un film si può ammazzare, amare, cambiare qualcuno o qualcosa.
E allora dobbiamo dirci la verità più amara: il nostro paese non esporta con forza cinema perché non ha nulla da dire al mondo se non trita retorica nazionale o vuoto cosmico ridanciano.

Ma è pur vero che storie forti che riflettono su grandi temi che interrogano le coscienze civili degli spettatori di tutto il mondo sono nate sì da grandi autori, ma quasi sempre da contesti industriali maturi, che favoriscono l’emersione di buone storie perché, innanzitutto, i produttori sanno riconoscerle e valorizzarle e possono farlo perché sostenuti da apparati pubblici e da network televisivi non imbolsiti o impiastricciati di politica come la nostra Rai.
“Le invasioni barbariche” di Denys Arcand è un film canadese co-prodotto con i francesi del CNC e parla di vita e di morte in modo sorprendente e indimenticabile.
“Il mare dentro” di Alejandro Amenàbar è un film spagnolo e parla di eutanasia nel modo più commovente, duro, vero che io abbia mai visto.
“Quasi amici” di Olivier Nakache e Eric Toledano è una produzione Gaumont sostenuta nuovamente dal CNC e tratta di malattia, amore, amicizia, ricchezza e povertà con i toni fintamente cattivi della nuova commedia di genere edificante. E, vedendolo, mi son chiesto: perché mai il ruolo di Omar Sy non poteva essere interpretato dal nostro Luca Medici?

Perché anche ai produttori, agli sceneggiatori e agli autori più bravi italiani manca il respiro e il coraggio di osare, tanto più al tempo della crisi, storie ultime, marginali, che riflettano chi siamo e dove andiamo. Perché in Italia abbiamo paura del futuro, temendo di scoprirlo peggiore del presente. E allora serve una nuova generazione di talenti che osi di più, che inventi, che rischi, che crei e innovi. E che dica la verità, nient’altro che la verità.


Il bene esperienza. Negativa.

14 06 12 @ 10:50  silvio.maselli

I manuali ci insegnano che l’economia dei media (tra cui anche il cinema e l’audiovisivo) si reggono su prodotti immateriali culturali che producono anche valore economico.
Sono i cosiddetti “beni esperienza”: la visione di un film, in sala, ci cambia la vita. Che sia bello o meno bello, alla fine della visione di un film non siamo più le stesse persone di prima. Abbiamo imparato qualcosa, ci siamo emozionati, arrabbiati, innamorati. Come dopo la lettura di un libro o l’ascolto di un album musicale.

Poi però anni fa arrivano sul nostro mercato dei grandi attori industriali che investono milioni di euro in mega strutture, spesso lontane dai centri storici, in un Paese che ha poche sale cinematografiche a fronte dei circa 8.000 comuni e che è fatto di estese aree rurali in cui non si riesce ad arrivare con un’offerta culturale di valore. Sono i famosi multiplex che hanno modificato radicalmente il mercato, portando tanti schermi in zone prima sprovviste e costringendo parimenti alla chiusura le piccole romantiche sale di città o di paese (emozionatevi pure voi, per Dio, grigi uomini dei numeri: http://www.youtube.com/watch?v=J39beeVVid4).

Solo che i multiplex adesso esagerano con i ritorni sugli investimenti e da bene esperienza stanno trasformando il cinema in materia per addetti al marketing. Niente di più sbagliato perché si traducono le due ore di evasione (e acculturazione) in due ore e mezza d’inferno.

Inutile prendersela con loro, i nuovi esercenti, che hanno investito tante risorse e vogliono veder remunerato l’investimento. Meglio fare come noi, investendo nel circuito d’Autore. E poi chiedendo alla politica, alle istituzioni, di intervenire per regolamentare l’apertura di nuovi multiplex (secondo molti la vera salvezza…del cinema commerciale, nota mia), salvaguardando e aiutando le piccole sale.

Non trovate?

Fonte:
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/cinema-carosello-i-botteghini-sono-in-rosso-40-e-i-cinema-the-space-di-40203.htm

Diciamolo: una roba squisitamente all’italiana. Pure un trucchetto antipatico, una molesta furbizia ai danni di chi paga il biglietto. Accade nelle sale del circuito The Space Cinema, uno dei più consistenti in Italia: 36 strutture multiplex per 360 schermi, incassi per circa il 25 per cento del totale italiano, nato dalla fusione tra Warner Village Cinemas e Medusa Multicinema, oggi pilotato dall’amministratore delegato Giuseppe Corrado, con Alessandro Benetton socio di maggioranza al 51 per cento.
La furbizia? Si indica sui tamburini dei quotidiani o sui siti internet che lo spettacolo comincia, che so, alle 19.35 o alle 21.45 o alle 22. Orari eccentrici, ma lo spettatore che si informa ci crede e si fa trovare in biglietteria all’ora prevista. Solo che il film parte esattamente mezz’ora dopo, cioè ai vecchi orari canonici. Nel frattempo, a Roma come a Milano, a Torino come a Bologna, hai pagato 8.5 euro, anche 11 euro se c’è il 3D.
S’intende che quella mezz’ora estenuante di promozione, non solo composta di trailer, ma di “consigli per gli acquisti” a tutto campo, advertising di vario genere, perfino pubblicità della pubblicità, serve a The Space Cinema per migliorare i bilanci, sulla base di un accordo stipulato il 1° febbraio scorso con la concessionaria società Visibilia di Daniela Santanchè, specializzata in raccolta pubblicitaria.
D’accordo: gli incassi sono in caduta libera, e non solo a causa delle partite, nessun film sembra marciare bene se perfino “Men in Black III”, pur restando primo in classifica, lo scorso week-end ha totalizzato appena 484 mila euro. Così i cinema corrono ai ripari, cercando di far cassa rifilando al pubblico pagante una pubblicità micidiale, ingiustificata.
Parlo per esperienza personale. Sabato scorso, alle 21.55, ho varcato l’ingresso del romano The Space Cinema Moderno perché incuriosito dal poliziesco “Viaggio in Paradiso” col redivivo Mel Gibson, sala 4. Lo spettacolo era annunciato per le 22. Invece solo alle 22.32, dopo un’interminabile parata di spot ripetuti, s’è spenta la luce. Nessuno, in verità, ha gridato “Vergogna!”, a parte il sottoscritto. Forse eravamo troppo pochi.
Era successo pochi giorni prima, a sala piena, durante la proiezione del documentario francese “La vita negli oceani” di Jacques Perrin. Lo racconta Riccardo Tozzi, produttore di Cattleya, cioè di film come “Romanzo di una strage” e “Benvenuti al Sud”, nonché presidente dell’Anica, la Confindustria del cinema. “Premetto: sono sensibile al tema dell’equilibrio economico delle sale, capisco che la pubblicità possa aiutare a far quadrare i conti, specie ora che i cinema si svuotano senza che nessuno di noi sia in grado di capire perché, è una devastazione”.
Va bene. Però… “Quella sera c’è stata una mezza insurrezione in sala. La gente era imbufalita, alcuni volevano andarsene. Certe formule invadenti e aggressive finiscono col diventare autolesioniste per gli stessi esercenti. Non è giusto far provare allo spettatore un’esperienza così spiacevole. L’uso intensivo della pubblicità rischia di allontanare ulteriormente le persone dalle sale, ne parlerò con Giuseppe Corrado” avvisa Tozzi.
In effetti: ricorrere con oculatezza a spazi pubblicitari è una cosa, sottoporre la platea a mezz’ora di bombardamento, falsando ad hoc gli orari degli spettacoli, è un’altra. Lo pensa anche Stefano Bethlen, alto dirigente della Disney Italia, regista dell’operazione “Classici al cinema”, volta a riportare le famiglie in sala d’estate (sta per uscire “La Bella e la Bestia” in 3D). Così a Marco Spagnoli che lo intervistava per il “Giornale dello Spettacolo”: “La promozione è fondamentale, ma bisogna che gli esercenti non “svendano” l’esperienza cinematografica. Il biglietto del cinema non può diventare accessorio rispetto ad altre attività di promozione della sala o di partnership”.
E ancora. “Ci sono cinema dove vengono proiettati circa 25-30 minuti di pubblicità. Altri dove si fa addirittura l’intervallo. Così si svilisce l’esperienza cinematografica, soprattutto per i ragazzi questo è un incentivo a rivolgersi a mezzi di sfruttamento più rapidi e spesso illegali. Non è possibile che un film della durata di due ore obblighi il pubblico a stare quasi tre ore in sala”.
Non è possibile, ma The Space Cinema lo fa. C’è da augurarsi che, con il diffondersi delle proteste, l’amministratore delegato Corrado capisca e aggiusti il tono. Per quanto, commentando l’accordo con Visibilia, spiegò: “Il nostro obiettivo era trovare un partner affidabile, organizzato, ambizioso e che aggiungesse la voglia di innovare, all’insegna della discontinuità, un medium usato fino a oggi troppo tradizionalmente e non al meglio delle sue potenzialità”.
Cinguettò al volo l’onorevole Santanchè: “Da domani affronterò io stessa i più innovativi clienti di Visibilia per spiegare loro la grande opportunità di comunicazione rappresentata dalle multisala The Space. Il nostro obiettivo sarà di proporre loro il cinema come mai è stato proposto in questi anni”.
Vabbè. Una cosa è certa: la prossima volta che andrò a vedere un film in una sala del circuito The Space non mi farò fregare dalla pubblicità. Arriverò mezz’ora dopo.

PS. Per la cronaca, nonostante l’uscita in sala di decine di film, alcuni anche di valore, il box-office è in rosso: meno 32 per cento rispetto alla settimana precedente, meno 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.


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