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Il Consiglio dei Ministri odierno ha finalmente inserito, nel decretone cosiddetto “Milleproroghe”, la proroga della copertura finanziaria di tax credit e tax shelter.
Ma per soli sei mesi.
Che lungimiranza…
L’anno politico nazionale sta per chiudersi con i cento cortei di studenti medi e universitari che inondano le piazze contro la vituperata cosiddetta riforma Gelmini.
Il corteo romano, aperto dagli studenti medi che sfilano con le mani alzate e dipinte di bianco, recita “La vostra cultura è la forza. La nostra forza è la cultura”, slogan semplice, efficace e condivisibile. Vieppiù quando il capogruppo alla Camera del partito di maggioranza - notoriamente ex fascista che di manifestazioni ne ha fatte tante in epoche lontane - chiede addirittura gli arresti preventivi, una roba che nemmeno nel Cile di Pinochet ebbero il coraggio di prevedere.
Io non ho letto il testo di legge, ma so che ogni cittadino si forma nel contesto familiare e in quello sociale e che, se sono quel che sono in grado di essere oggi, lo devo anche alle lotte studentesche, alla condivisione di obiettivi e orizzonti alti che ho potuto vivere da ragazzo.
La politica diventa più bella quando si fa lotta collettiva, quando unisce le vertenze e le riassume in uno slogan intelligente che rende nudo il re.
Lunedì prossimo al cineporto di Bari dalle ore 11, martedì a Lecce sempre alle 11, presentiamo la nuova production guide, utile strumento per chi intende lavorare nel cinema in Puglia.
Spero vengano in tanti a conoscere il nuovo strumento e ad apprendere i nostri piani per il nuovo anno.
Fortuna che nel Pd qualcuno intelligente, capace cioè, di leggere la realtà , ancora ne rimane.
Posto questa riflessione di Pippo Civati, raccolta dal suo blog di oggi.
Un punto di vista di parte, come tutti i punti di vista.
E di quello che ne rimane. Perché il presente non è un attacco a Bersani (non mi interessa, né mi appassiona), ma una difesa del Pd. Ed è anche l’ultima, perché passare per “mentecatti” va bene, ma c’è un limite a tutto. E ci sono tante cose da fare nella vita, che premono e che urgono, oltre a seguire le evoluzioni del Pd (che poi non lo sono, perché l’unica evoluzione di questi mesi è stata quella di perdere voti, un terzo, secondo i sondaggi).
Dal “Vieni via con me” di sabato siamo passati al “Quanta fretta, ma dove corri, dove vai?”.
Perché l’intervista di oggi su Repubblica, insieme alle dichiarazioni del vice di ieri (che ha una vice-linea ormai da mesi), confondono il nostro elettorato e fanno pensare che se c’è qualcuno che se ne sta andando dal Pd, questo qualcuno sia rappresentato proprio dai suoi vertici.
Due cose da notare prima delle altre: il Terzo polo non è (ancora e chissà se lo sarà mai) una formazione politica, non si sa esattamente di quanti voti disponga in Parlamento (nel Consiglio regionale della Lombardia, invece, lo si sa: solo quelli dell’Udc), non pare si voglia alleare con il centrosinistra (così ha detto Fini domenica scorsa e Casini non si è mai espresso chiaramente, perché non lo può fare, per ragioni statutarie) e non pare ci possa consentire di costruire il governo tecnico che stiamo inseguendo da mesi (alla Camera non c’è una maggioranza alternativa e al Senato le cose vanno anche peggio). Dal punto di vista elettorale, poi, le chimere sono sempre problematiche, perché si perdono voti da tutte le parti, a destra e a manca.
Non si capisce che cosa faremmo con questa alleanza, dall’Anpi a Salò, come ha scritto qualcuno (altro che Cln), né cosa diremo sull’economia, sull’università , sul lavoro (perché Marchionne è un affamatore di popoli, invece quegli altri sono sinceri democratici), sul precariato, sull’acqua, sulla sicurezza, sul nucleare, sui diritti civili e, nemmeno, su quel sistema elettorale di cui si parla da mesi, per cui era nato un gruppo di lavoro che non ha trovato una sintesi, nonostante l’enfasi politica con la quale era stato accompagnato.
Non si capisce perché lo schema dovrebbe essere lo stesso del 2006, solo che qui c’è l’aggravante che l’Unione è semplicemente più allargata di prima. “Tutti contro B”: così abbiamo sempre perso, alle elezioni o subito dopo. Tranne una volta: quando sapemmo esprimere un leader (ma a Bersani, a cui la leadership non interessa, liquida la questione parlando di “organigramma”) e un progetto per il Paese, credibile e coerente.
E poi le primarie da riformare (dopo che sono già state riformate, tra l’altro, sei mesi fa): si vota in molte città strategiche e, proprio ora, si mettono in discussione le primarie. La verità sembra a tutti (elettori e commentatori) un’altra: a Milano è andata come sapete, a Torino è stato bruciato il candidato che doveva tenere insieme tutti (e li teneva insieme), a Bologna, dopo varie vicissitudini, il Pd non sembra convinto dei candidati che sono in campo, a Napoli non parliamone. Paura di perdere, si chiama, quando, almeno a Bologna e Torino il centrosinistra dovrebbe vincere facilmente. A Napoli no, perché in questi anni non si è fatto nulla per cambiare direzione.
In questi mesi, con questa strategia, siamo arrivati al 23% e con questa mossa scenderemo ancora, per poi dire che il Pd al 20% non basta. E che bisogna allearsi con “tutti tranne B”.
Per difendere il Pd, sarebbe semplice fare alcune cose:
Un elettore su tre se n’è già andato (per non parlare degli iscritti). Recuperare milioni di persone potrebbe essere la nostra priorità , politica ed elettorale. Perché per vincere, lo sanno tutti, in tutto il mondo, bisogna motivare i propri elettori e i nostri, tantissimi, dal Pd sono passati al Pda, il partito dell’astensione. Si era detto al Congresso che ci voleva un partito più strutturato: a un anno di distanza, il partito è meno strutturato di prima. Un bel record.
C’è bisogno di chiarire i rapporti con Vendola e Di Pietro, cercando occasioni pubbliche e trasparenti in cui precisare che cosa si intende fare insieme, dimostrando responsabilità , esattamente come facciamo in tutte le amministrazioni in cui insieme governiamo, da anni, ormai, a meno di non voler mettere in discussione anche quelle, già che ci siamo.
Rispettare le linee congressuali: perché chi ha vinto il Congresso, difendeva il bipolarismo e le primarie e sosteneva che i nostri sospetti fossero malevoli. E invece non erano malevoli e, a questo punto, nemmeno sospetti.
Chiarire il concetto di “moderato”, perché nel Pd di “moderati” ce ne sono già molti e questa rappresentazione di un Pd quale espressione della sinistra tout court, che qualcuno continua a rilanciare, li mette in difficoltà . Anche perché non è vera e diventerà realistica solo se proseguiremo con questo andazzo.
Estendere le primarie alla scelta dei parlamentari, spiegando ai cittadini che cosa vuol dire, perché il Pd era nato per dare parola agli elettori e non solo ai vertici. E vale per questo e per altri discorsi degli ultimi mesi.
Presentare una proposta di legge elettorale compiuta, da discutere pubblicamente con tutti quanti, non nei maledettissimi caminetti.
Lo “schema Puglia”, che qualcuno rivendica con orgoglio (!), ci ricorda che per vincere bisogna disarticolare le destre. Se il Terzo polo si costituirà e si vorrà presentare alle elezioni, sarà una buona notizia. Se vorrà venire con noi (cosa di cui è lecito dubitare), facciamo in modo che siano loro a chiedercelo, alla fine, e non noi, all’inizio, mettendoci in una posizione ancillare che sconfessa le stesse ragioni per cui il Pd è stato concepito. E valutiamo se questa alleanza risponde all’esigenza di cambiamento che dovrebbe essere la nostra unica ragione di vita.
Perché qualcuno dice che il Pd forse non esiste più. E, dopo l’intervista di oggi, non ha tutti i torti.
Fonte: http://civati.splinder.com/post/23750509
La fase politica che si apre oggi è ben riassunta dal direttore di Repubblica, Ezio Mauro.
Fonte: http://www.repubblica.it/politica/2010/12/15/news/la_partita_comincia_ora-10212884/?ref=HREA-1
CON tre voti di maggioranza, strappati in extremis ai finiani nell’ultima compravendita notturna, Berlusconi rimane a Palazzo Chigi. Ma per fare che cosa? Quel margine precario, appeso a mille promesse impossibili, nel giorno per giorno non consentirà al Premier di far approvare più nulla. Ma a Berlusconi i voti non servono per governare: gli servono per comandare. Ieri li ha avuti, e tanto gli basta. La politica può aspettare, il Paese anche.
Per il Cavaliere era più importante la prova di forza con Fini, sulla fiducia. L’ha vinta e, letteralmente, questa vittoria per lui non ha prezzo. Ma da oggi, l’opposizione conta un partito in più, e comperando i pontieri il Premier ha divorato anche l’ultimo ponte coi finiani. L’unico modo per sopravvivere davvero alla vittoria di ieri, è allargare la maggioranza all’Udc. Ma Casini non ha alcuna convenienza a cambiare una linea costruita negli anni, e dirà di no.
La Lega aspetta di intascare il federalismo, e dà i 30 giorni a Berlusconi. O riesce a catturare Casini, o si andrà al voto. Dunque le elezioni sono l’esito più probabile e alla fine più giusto. Ecco perché Fini dovrà dimettersi dalla presidenza della Camera, per fare liberamente la sua battaglia politica decisiva: e farla probabilmente dal centro - in una posizione che fa comodo anche al Pd - visto che a destra l’eredità post-berlusconiana gli è preclusa.
Insomma, il Cavaliere ha vinto, ma la partita è appena cominciata.
PS
Mi ha molto impressionato veder spuntare ancora una volta una pistola in una manifestazione di piazza. Ma impressionante anche la stupida violenza di chi vuol distruggere un movimento utile alla democrazia, usando la provocazione (sia di chi si infiltra per lavoro, che per politica). Sono cose che ho visto tante volte. Le speravo sconfitte e superate.
Poiché la politica delle istituzioni vive di liturgie, è singolare che in occasione del suo intervento al Senato, il Presidente del Consiglio abbia scelto di avere a destra Umberto Bossi e a sinistra Angelino Alfano.
Il presente e il futuro.
Metaforico, no?
Il miglior modo che conosco per cominciare bene la giornata lavorativa è ascoltare Massimo Bordin che legge e commenta la rassegna stampa di radio radicale.
Ah che goduria ascoltare quella voce arrochita dalle sigarette raccontare il paese irreale della politica.
Tre nomi mi si rimpallano nel cervello: Scilipoti, Calearo, Catone. Cosa pensare di loro?
Rileggere le pagine sul crispismo (eroe dell’unità italiana) e massimo esponente del trasformismo è poca cosa, davvero poca.
Che paese che ci stanno confezionando…
Non sono un animalista. Ma Sarah Palin è una donna orrenda. E chi la vota mi fa orrore.
Fonte: http://tv.repubblica.it/copertina/uccide-animale-in-tv-bufera-sulla-palin/57806?video=&ref=HRER2-1
Ps
Assurdo l’arresto di Assange se non fosse vera la storia dello stupro, ma per motivi politico - diplomatici. E’ la paura del re, quando è nudo a muoverli.
Spero il potere non mi renda mai così pavido.
Leggo con piacere questo bello e lungo post di una militante del cosiddetto “Movimento 5 stelle” delusa, amareggiata e prostrata dall’assemblearismo leaderistico che domina in quel consesso. La nostra se ne va, spero non a casa, perché, a differenza del Premier, io penso che chiunque faccia politica e associazionismo, serva il Paese, aiuti a far crescere il tasso della sua democrazia. E che la libertà , per dirla con Gaber, è partecipazione.
Il movimento dei cosiddetti “grillini” non mi piace perché non costruisce un’idea di società , ma sa solo unire i mal di pancia. Stessa modalità , con altri temi, di Lega Nord e Italia dei Valori. I manuali di politologia li definiscono “a single issue parties”. Partiti monotematici. Agiscono su una base frammentata, disomogenea, interclassista e arrabbiata. E poi magari votano contro la commissione di inchiesta sui fatti di Genova 2001, punto di non ritorno per una intera generazione.
Non ho mai amato i movimenti incapaci di darsi una organizzazione perché penso che siano funzionali ad una fase politica, ma non possano diventare “la politica”, che ha invece bisogno di tempi e pensieri lunghi, di una idea di mondo, di un programma, di una organizzazione e di una linea. Oltre che, ovviamente, di democrazia interna.
Ecco, la democrazia.
La PdL berlusconiana e il movimento 5 stelle si assomigliano troppo. E mi ricordano quei leader universitari - che a tratti sinceramente ammiravo per le capacità di trascinamento e attoriali che mostravano - che osservavo gestire con sapiente tirannia le assemblee che, puntualmente, giungevano agli obiettivi che si erano prefissati. Anche contro la maggioranza dei presenti. In nome della capacità di gestire l’assemblea, non i contenuti.
La democrazia è una cosa seria. Ecco qui un bel testo per capire di cosa parlo:
di Monica Fontanelli
“Alle scorse elezioni comunali di Bologna e alle regionali ho votato il Movimento 5 Stelle. Leggo i post di Grillo da anni, e ho visto nel Movimento una “speranza” per il nostro Paese. La scorsa primavera ho deciso di partecipare attivamente alle riunioni dello stesso. Avevo ovviamente letto il programma nazionale e ne condividevo i contenuti. Sono insegnante e mi interessano molto quelli inerenti alla scuola. Ci lavoro da quasi 30 anni e la demolizione della scuola pubblica portata avanti dalla Gelmini, la circolare Limina in Emilia Romagna che invitava i dirigenti scolastici ad assumere provvedimenti disciplinari nei confronti degli insegnanti che avessero preso posizioni pubbliche critiche nei confronti della Riforma, la situazione sempre più drammatica del nostro Paese con la crisi economica affrontata con i tagli allo Stato sociale, hanno suscitato in me la necessità di assumere un impegno civile diretto.
Entrata nel Movimento ho organizzato il gruppo scuola, ho partecipato alle manifestazioni di protesta contro la riforma, convinta che il Movimento ne condividesse i contenuti. Come gruppo scuola, del quale ero la coordinatrice, abbiamo presentato un documento nel quale è stata analizzata l’attuale situazione della scuola pubblica e si chiedeva al Movimento di assumere una posizione chiara rispetto alla politica scolastica del Governo. Pochi e chiari principi: difesa della Scuola pubblica e conseguente NO alla riforma, laicità dello Stato e conseguente richiesta di abolire i finanziamenti alla scuola privata. Abbiamo chiesto al Movimento di approvarlo. Non è stato possibile. La risposta del Movimento è stata l’ostracismo. Di scuola non se ne parla o, se si è costretti a farlo, comunque non si assume una posizione, perchè all’interno del Movimento le posizioni sono diverse, inconciliabili e, per non allontanare nessuno, meglio far “finta di niente”, meglio discutere di cose più semplici. Il Movimento nei fatti non assume alcuna posizione sulla riforma della scuola, come non ne assume su moltissimi argomenti che riguardano il “sociale” e le politiche economiche di chi ci governa.
Poco per volta mi sono resa conto che il Movimento non è ciò che viene descritto da Beppe Grillo: il programma nazionale e lo stesso nome di Beppe servono solo come “specchietto per le allodole”, per attirare i voti di chi non ne può più dell’attuale classe politica, dei suoi privilegi e della sua incapacità di dare risposte credibili ai problemi del Paese. Il Movimento è eterogeneo, composto da persone che cavalcano la tigre della protesta e che affrontano solo argomenti “facili” sui quali convergere. Quando si parla di piste ciclabili, o di spazi verdi nella città , o di diminuzione dei costi della politica, di raccolta differenziata, di nucleare… è facile trovare una convergenza di idee e di proposte.
Diverso invece è assumere posizioni politiche rispetto alla riforma Gelmini, al finanziamento alla scuola privata, alla laicità dello Stato, ai diritti delle coppie di fatto, alla legge 194 sull’aborto, al problema ormai drammatico della casa, del precariato, all’accordo di Pomigliano, che non è un fatto isolato nel Paese, ma rappresenta il tentativo di togliere sempre più tutele ai lavoratori in tutto il Paese. Su queste e altre problematiche il Movimento non è in grado di prendere una posizione, perché al suo interno ci sono persone con idee spesso contrapposte: vi sono conservatori e “orfani della sinistra”, laici e cattolici integralisti, uniti nella “protesta”, nei facili luoghi comuni, ma incapaci di avere un progetto realistico e coerente di più ampio respiro.
Uno dei loro motti preferiti è che non sono un partito, non sono una casta. A mio modo di vedere sono molto peggio: “uno vale uno” è in realtà solo uno slogan. Nelle assemblee si decidono solo alcuni aspetti, per lo più organizzativi, per il resto c’è un’oligarchia che decide per tutti: sono gli eletti e i loro stretti collaboratori. In questi mesi trascorsi nel gruppo l’assemblea non ha deciso nulla di rilevante dal punto di vista politico. Sono gli eletti Favia e De Franceschi che assumono in totale autonomia qualsiasi decisione politica a nome del Movimento.
Quando ho chiesto di discutere in assemblea di alcune problematiche, come il finanziamento dato alla fine di luglio dalla Commissaria Cancellieri alle scuole private a Bologna, l’adesione alla manifestazione in difesa della scuola pubblica indetta a Reggio Emilia il nove ottobre scorso, la discussione sull’eventuale nomina alla presidenza della Commissione Pari Opportunità in Regione di Silvia Noè, l’accordo di Pomigliano e la necessità di assumere una posizione politica in difesa dei lavoratori, non ho mai ricevuto risposta.
Formalmente non rispondono, lasciano decadere, non ne parlano, così possono fingere di essere tutti d’accordo, così possono coesistere nel movimento posizioni spesso contrapposte, intanto gli “eletti” decidono per tutti, perché loro sono i “portavoce” del Movimento. Bell’esempio di democrazia! Ieri sera l’ultima “farsa”: i Consiglieri Regionali in assemblea pubblica hanno presentato un bilancio politico ed economico dei primi sei mesi in Regione, hanno “rimesso il proprio mandato nelle mani dei cittadini”, quindi c’è stata una votazione al fine di confermare o meno la “fiducia” a Favia e a De Franceschi.
Nessuna possibilità di porre domande ai Consiglieri, di discutere veramente su ciò che è stato o non è stato fatto. Una votazione plebiscitaria, ad alzata di mano, nella peggiore tradizione dei peggiori partiti. Uno “spot di propaganda”, non uno strumento di democrazia, una “trasparenza” di facciata. Un’autoesaltazione del proprio operato e una continua denigrazione di ciò che fanno “tutti gli altri”, questo è stato, in una povertà di contenuti e progetti reali davvero impressionante. Stupefacente scoprire, tra l’altro, che il denaro proveniente dagli stipendi regionali dei Consiglieri (l’Assemblea ha deciso per loro un compenso di 2500 euro mensili) non viene gestito dal Movimento stesso, ma dai Consiglieri che trattengono l’importo dovuto nei loro conti correnti personali! E questo sarebbe un approccio nuovo alla politica?
Per non parlare della chiusura totale che mostrano rispetto a tutte le altre realtà culturali presenti a Bologna. Nessun confronto e nessuna alleanza, questo a prescindere da possibili convergenze, perché solo loro sono portatori della “verità ” grillina. Intanto, per le prossime comunali questo Movimento così aperto alla società civile, così diverso dagli altri partiti avrà un candidato sindaco alle prossime amministrative autocandidatosi e scelto da chi? Dagli elettori che lo indicano in base ad un programma? No, scelto nel chiuso dell’assemblea degli attivi, e solo da chi risulta essere attivo alla data del 30 settembre 2010, scelto quindi da poche persone nella peggior tradizione dei partiti.
Criticano i partiti, non accorgendosi però di essere ancor peggio degli stessi, perché non vi è alcuna reale democrazia all’interno. E chi “osa” far presente certe incoerenze viene visto immediatamente come un “nemico”, qualcuno da isolare. E così vanno avanti senza prendere mai alcuna posizione chiara, convinti come sono che tanto saranno premiati elettoralmente in ogni caso: gli elettori voteranno sulla base di quello che dice a livello nazionale Grillo, il voto di protesta continuerà ad esserci e solo questo conta. Lo stesso atteggiamento in fondo che ha la Lega: parlare facile, per slogan comprensibili ed efficaci, nient’altro. Far credere che vi sia un programma nazionale condiviso, far credere che il movimento rappresenti una novità , una possibilità di riscatto del Paese, parlare alla “pancia” delle persone, glissare su tematiche qualificanti perché una posizione chiara allontanerebbe qualcuno: l’importante è prendere voti da tutti, da destra e da sinistra perché loro sono “sopra” volano “alti”. Parole prive di un reale significato, solo vuoti slogan di propaganda: come la Lega appunto.
Povertà culturale, intellettuale, politica. Inaccettabile quando da movimento di protesta si decide di entrare nelle Istituzioni, si decide di proporsi come forza che deve amministrare le città , le regioni e forse domani il Paese. Per farlo bisogna avere delle idee, occorre avere il coraggio di assumere posizioni politiche, di fare scelte chiare, condivise non solo dagli “eletti” ma dal Movimento intero e soprattutto uscire dalla facile ottica della protesta e degli slogan ad effetto, occorre occuparsi dei problemi reali dei cittadini e prendere posizioni chiare esponendo le proprie idee e cercando di aumentare il consenso per questo più’ che per le invettive contro gli altri.
Per questi motivi lascio il Movimento, per la mancanza totale di democrazia all’interno, per la povertà di contenuti. Lascio il Movimento perché non voglio rendermi complice dell’inganno che stanno perpetuando verso gli elettori: a parole sostengono il programma nazionale di Grillo, nei fatti approfittano del suo carisma per ottenere facili voti di protesta ed iniziare la propria personale “scalata” alle Istituzioni. Non ci sto. I partiti non mi piacciono, ma il Movimento non è ciò che appare: non c’è democrazia all’interno, non ci sono idee che non siano quelle “facili” e scontate che la stragrande maggioranza delle persone può condividere, non c’è un progetto serio di società , solo slogan.
Un Movimento a parole di tutti, nei fatti solo di pochi.”
(6 dicembre 2010)
Fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/5-stelle-soltanto-a-parole-il-jaccuse-di-una-grillina-delusa/
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