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Massimo Causo è stato, insieme a Vito Attolini, il nostro primo critico cinematografico applicato alla lettura e valutazione consultiva delle sceneggiature del nostro film fund. Con lui ci siamo trovati sempre in piena sintonia, perché del suo sguardo condividiamo l’acutezza e la curiosa attenzione verso ogni novità culturale e artistica.
Massimo è molto bravo. Non devo dirlo io, parlano per lui i tanti riconoscimenti professionali che ha ottenuto e i tanti che ancora gli auguro otterrà .
Segnalo qui un suo breve saggio introduttivo al catalogo della mostra fotografica “Scatti di cinema” che, per conto dell’Assessorato regionale al Turismo stiamo preparando per la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia a cura di Daniele Trevisi. E’ una mostra pensata per consacrare il lavoro di attrazione svolto sin qui da noi di Apulia Film Commission, ma nient’affatto autocelebrativa, perché, infatti, raccoglie foto dei set che, in qualche modo, ci hanno preparato la strada. Se la Puglia è tutta da girare, la mostra è tutta da vedere.
Ecco una riflessione di Massimo Causo sull’identità .
“L’attesa e l’immagine”
Cosa determina, oggi, l’identità di un luogo? Può essa considerarsi separata dalla luce che illumina i suoi spazi, dalle figure che li attraversano, dalle sonorità che riecheggiano non solo nella sua realtà oggettiva (fisica, geografica, architettonica, sociale…), ma anche in quella immaginaria (fotografica, paesaggistica, scenografica, affabulatoria…)?
In altre parole, dove finisce oggi la realtà di un luogo e dove inizia la realtà dell’immagine di quel luogo? In che rapporto sono quelle coordinate socio-culturali alle quali la cultura moderna attribuisce il ruolo di genius loci, e la sempre più palpabile e determinante foto-genia di un luogo, la sua comunicabilità in termini di immaginario, il suo riflettersi nello specchio delle brame visuali, la sua riconoscibilità mediatica?
Le ombre che disegnano i confini tra il visibile e l’invisibile di una comunità passano tutte attraverso lo sguardo, e l’immagine ne cristallizza le coordinate, ne definisce longitudine e latitudine nella sfera di un universo in cui alla riproducibilità tecnica dell’opera d’arte s’è ormai sostituita, in maniera concreta e determinante, la riproducibilità tecnica dell’identità stessa: filmiamo allo stesso tempo un luogo e l’immagine di quel luogo…
L’emozione che noi bambini provavamo quando, assieme ai nostri genitori, incontravamo sul teleschermo in bianco e nero una “cartolina” della nostra città mostrata nella panoramica infinita del vecchio “Intervallo” televisivo, non era poi diversa da quella che ci spinge a ritrovarci nelle geografie reali/immaginarie in cui si individua il cinema sempre più “localizzato” di oggi. Quel Cinema che, dal dopoguerra in poi, si è portato lontano dagli studios, collocandosi nella materia umana e culturale delle infinite geografie possibili, sino a focalizzare in maniera chiara e distinta il concetto stesso di location: prima per istinto di realismo, poi sempre più per definizione di uno scenario capace di collocare in topografie concrete un immaginario alla deriva nel reale.
Le Film Commission sono dunque arrivate a coordinare il processo, facendo del territorio il luogo di transito dall’identità all’immaginario, dalla realtà alla finzione. Partita non semplice, che punta la sua posta sia sul tavolo interno che su quello esterno, ovvero sia sulla fedeltà alla realtà storica e culturale del territorio (da non tradire nel fittizio gioco del filmare), sia sulla possibilità di offrire l’identità territoriale a riletture, contaminazioni, fascinazioni capaci di innescare nuove realtà . Insomma, tra il genius loci e l’imago loci, le Film Commission elaborano in qualche modo il possibile lutto della perdita d’identità territoriale nel sistema immaginario, che ha trasformato gli interni domestici in “case aperte” per Grandi Fratelli (allestite tra l’altro nel cuore di Cinecittà …) e gli esterni in spazi abitabili da figure e personaggi che vi si rispecchiano non solo narrativamente, ma anche culturalmente.
Ed eccoci, allora, nel cubo ligneo di questa mostra: solido platonico destinato a rappresentare l’attimo in cui il paesaggio diviene immagine, il luogo set, la luce fotografia, gli spazi scenografie, le figure personaggi, il mondo film… Insomma, nel caso specifico: la Puglia Cinema. Eccoci – noi e la nostra immagine – ricollocati nello stato di transito tra il mondo reale e lo shining immaginario, intenti a guardare scatti che colgono lo scarto tra l’eterno presente dei luoghi/volti/scenari della nostra regione che conosciamo così bene per vitale esperienza, e quell’infinito passato che è ogni fotogramma girato e consegnato al Cinema, e trasformato in Film. La magia è ben nota, tramandata nella liturgia di ciak, carrelli, gru, cavi e microfoni celebrata dalle maestranze colorate e assolate di “cinematografari”, che si muovono in scenari momentaneamente rapiti al loro esser tempo e spazio di vita reale.
In queste foto c’è la verità del luogo e la sua trasfigurazione finzionale, la concretezza del tempo presente e l’astrazione del tempo immaginario, la luce della vita quotidiana e l’illuminazione della messa in scena… Come dire il paesaggio e il set, sospesi nel frame che coglie il lavoro della finzione nel suo farsi, lasciandoci sospesi, assieme al Roland Barthes de La camera chiara, tra lo studium – “infatti, è culturalmente […] che io partecipo alle figure, alle espressioni, ai gesti, allo scenario, alle azioni” – e il punctum – “quella fatalità che, [in una fotografia], mi punge (ma anche mi ferisce, mi ghermisce)”…
Il Cinema sta lì, tra queste due tensioni, trovato in una Puglia che traduce la sua aspirazione frontaliera in una accoglienza dell’immaginario, nell’immaginario. Sul nostro territorio si gira molto, per fortuna: perché questa terra sta diventando sempre più – anche politicamente, vivaddio! – luogo di un differente immaginario possibile, territorio di una contaminazione tra verità e sogno, tra immagine e realtà … Sì insomma tra l’attesa, che è propria del set, e l’attuazione, che è propria del girare: momento magico, di cui le foto qui proposte sono precisa illustrazione.
Massimo Causo
Il mestiere di genitore dev’essere molto difficile.
Si capisce subito, dalla qualità dei genitori, quella dei figli.
In questi giorni si sono svolti nei Cineporti numerosi casting per altrettanti film, alla ricerca di giovanissimi protagonisti.
Ho capito molte cose del Paese reale.
La proiezione di ogni sordida ambizione dei genitori, deturpa l’immaginario dei bambini, li riduce a bambolotti insopportabili. A pestiferi agenti di immodificabilità sociale, in cui la speranza che hai di rompere le catene che ti legano alla condizione sociale di appartenenza, anche se “sfondi” in tv o al cinema, ti terranno per sempre condizionato alla sovrastruttura mentale di servo del sistema mediatico. Di semplice spettatore, mai di protagonista.
Ed io mi deprimo davanti a quei genitori fasulli, che protestano perché il figlio di cinque anni non ha potuto mostrare fino in fondo il proprio presunto talento oppure perché, invece di lasciarlo giocare su una dorata spiaggia pugliese come un cinquenne meriterebbe, ha affrontato centinaia di chilometri e spese pazze, pagando cifre da capogiro ad agenzie romane senza scrupoli; pur di coronare il poprio sogno genitoriale di veder concentrato, almeno nei propri figli, il maledetto talento che loro non hanno mai avuto.
Vuoi vedere che si vota in primavera prossima e che nelle prossime settimane volerà tanta, ma tanta feccia dal ventilatore della politica?
“Il prodotto della cultura è la libertà ”.
Paolo Grassi
Seconda illuminazione.
Il nostro Premier dona la propria voce allo spot istituzionale sul turismo in Italia preparato dalla Ministra Brambilla.
E indovinate un po’ quali location scelgono di montare?
Guardate, guardate…
http://www.corriere.it/cronache/10_luglio_07/berlusconi-spot-magic-italy_25501656-89b8-11df-9331-00144f02aabe.shtml
Se fossi sindaco della mia città , appena eletto e dopo aver composto la giunta, convocherei Sandrine Estrade Boulet, fotografa e artista di strada e Banksy, artista di strada anonimo probabilmente di sede nel Regno Unito.
Li convocherei e me li porterei a cena per immaginare una nuova dimensione urbana: la bellezza della vita quotidiana, il gesto artistico improvviso che ti cambia la percezione del mondo, l’arredo urbano come nuovo mito poietico, la qualità della vita come nuovo totem.
Provare per credere.
Fonti:
http://www.sandrine-estrade-boulet.com/sandrine_boulet/Home_Sandrine_Estrade_Boulet.html
http://www.banksy.co.uk/
Oggi compio trentacinque anni, allora mi sento molto saggio e metto in correlazione fra loro due notizie, distanti qualche mese, l’una dall’altra.
Chi ama capire dove sta andando questo Paese, capirà .
A presto per la prossima puntata del mio ragionamento…
Prima notizia
“Utilizzare Roma come set cinematografico sarà sempre più oneroso per le case di produzione. Secondo quanto riportato oggi dall’edizione romana del Sole 24 Ore, l’attuale tariffario che stabilisce i prezzi per girare film o spot pubblicitari nella Capitale subirà rincari fino al 90%. Nel 2009 il Comune ha incassato 358 mila euro per riprese cinematografiche, stampe, pubblicazioni, rilascio copie e diritti diversi, mentre nel primo semestre 2010 le entrate hanno raggiunto i 160 mila euro. Secondo Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune “alcuni luoghi sono unici al mondo ed è giusto farli pagare, soprattutto se vengono usati in spot di multinazionali che vendono in tutto il mondo”. Prima del tariffario, in vigore in via transitoria da sei mesi, il prezzo veniva concordato direttamente con le singole produzioni. Perplessi i produttori: “Si tratterà comunque di incassi minimi – ha dichiarato Riccardo Tozzi, fondatore di Cattleya e presidente dell’Unione Produttori dell’Anica – che non giustificano questa politica commerciale. Bisogna investire piuttosto sullo sviluppo dell’attività industriale in loco. Non ha senso occupare una via con sei camion per girare in un appartamento. Se le istituzioni offrissero incentivi a chi torna ad utilizzare i teatri di posa si potrebbero liberare le strade e far tornare a lavorare maestranze di qualità che a Roma hanno una grande tradizione”.
Seconda notizia
La decisione presa ieri dal Comune di Milano
Ieri il Consiglio comunale di Milano, al termine di una discussione in cui era a tema il bilancio, ha preso la decisione di abolire la tassa di occupazione del suolo pubblico per riprese di cinema e tv. La decisione è seguita all’approvazione all’unanimità da parte di 48 consiglieri della delibera presentata dall’assessore alla cultura Massimiliano Finazzer Flory con cui si intendeva modificare il Cosap (Canone per l’occupazione permanente di spazi e aree pubbliche) in favore della promozione delle attività cinematografiche che scelgono la città di Milano come set. Negli ultimi mesi le richieste di girare lungometraggi o corti su suolo milanese sono aumentate del 30%, dimostrando un interesse culturale verso il territorio della città che l’assessore e il Comune hanno deciso di incentivare. L’emendamento presentato, che ha portato all’abolizione dell’imposta, è stato, inoltre, il frutto di un’azione condivisa dagli opposti schieramenti politici, essendo stata presentata dal capogruppo del Pd, Pierfrancesco Majorino, insieme con il capogruppo della Lega, Matteo Salvini. I primi a beneficiare di questo nuovo stato di cose saranno Aldo, Giovanni e Giacomo, la cui produzione del nuovo film, che sarà girato proprio nel capoluogo lombardo, sta per iniziare.
Infine, l’assessore ha annunciato anche altre iniziative collegate a questa delibera a favore del cinema: convenzioni con Milano Ristorazione e con gli alberghi per gli attori e le troupe, nuove location, destinare Palazzo Morando alle anteprime dei film, un agente della polizia locale dedicato alla gestione della viabilità in occasione delle riprese.
Fonti:
http://www.e-duesse.it/News/Cinema/Roma-sempre-piu-onerose-le-riprese-in-luoghi-storici-94550
http://www.e-duesse.it/News/Cinema/Milano-abolita-la-tassa-di-occupazione-del-suolo-pubblico-per-riprese-cinema-e-tv-88474/%28language%29/ita-IT
L’Apulia film commission è nata a febbraio del 2007, ma solo il 2 luglio dello stesso anno è divenuta operativa.
Sono passati tre anni. Solo tre. E mi gira la testa.
Gli intellettuali servono, come il pane. Si sente il bisogno forte che tornino a svolgere il ruolo di guida del paese, che tornino a indicarci la rotta, a svelare gli inganni, a darci prospettiva. E, in questi giorni di infatuazione finiana e “terzista”, in un Paese che si aggroviglia intorno al decreto intercettazioni, ai “refusi” (ora si chiamano così i tentativi di assalto ai diritti acquisiti in anni di lotte durissime) sulla finanziaria, ad un signore che si cerca di salvare da condanna certa promuovendolo Ministro, ai litigi che manco l’ultimo governo Prodi così; arriva questo articoletto a firma Francesco Piccolo che stamattina ho ascoltato nella fondamentale rassegna stampa di Radio Radicale, apparso su L’Unità odierna. E, Piccolo, dice così:
“Meno male che Silvio c’è. Soprattutto per tutti quelli che, fino a quando Berlusconi è lì, possono mostrare con disinvoltura una forza e una visione utopica del mondo, che metteranno in atto appena Berlusconi uscirà di scena. Non adesso, dopo. Quando la nottata passerà . Possono snocciolare propositi, formule per salvare l’Italia, indignazione per tutto quello che succede. Berlusconi a capo del governo dà la possibilità a tutti di indicare in lui l’unico vero colpevole di questo paese, di proporsi come alternativa valida perché ognuno è migliore di Berlusconi (vedi Fini). Sia chiaro: Berlusconi fa di tutto per far trarre queste conclusioni a chiunque e per fare in modo che chiunque appaia come un’alternativa valida.
Però tutta la disinvoltura delle intenzioni, può esistere e resistere fino a quando Berlusconi rimarrà al potere. Dopo, bisognerà trovare soluzioni concrete e una politica degna della risalita. Quindi, temo che non bisogna augurarsi che Berlusconi cada presto, perché dal giorno dopo si scoprirà quello che è il resto dell’Italia politica. Si scoprirà , probabilmente, che non sarà un giorno di sole, ma soltanto che non c’è più il peggiore; si scoprirà che il peggiore era lì a mostrare con più chiarezza la verità : e cioè che l’Italia è così come si vede fin da ora, e che non c’è nessuna aria fresca appena si apriranno le porte e tutti gli altri non hanno uno straccio di idea da proporre in alternativa; e che se ce l’avessero avuta, un’idea, Berlusconi avrebbe perso prima, molto prima.”
Fonte: http://www.unita.it/news/100790/una_sola_idea_e_berlusconi_perderebbe
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