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Torna Filmmaker.
Per anni a Bari è stato l’unico vero festival di cinema dove ritrovarsi tra appassionati (e tantissimi ogni anno di più diventano gli appassionati di Filmmaker). Una idea semplice e geniale: assemblare secondo un fil rouge i film che nell’anno precedente non sono passati nelle sale pugliesi/baresi. Credo sian passati oltre 15 anni dalla sua nascita ed io dico lunga vita al suo ideatore e direttore artistico, lunga vita al cinema Kursaal.
Non mancate, dal 23 al 29 ottobre 2009 a Bari, presso il cinema teatro Kursaal.
FILMMAKER ‘09
VENERDI’ 23 OTTOBRE – FEMMINILE, MINIMALE
H. 19.30 – LA FAMIGLIA SAVAGE di Tamara Jenkins (USA 2007)
H. 21.30 –LOOK BOTH WAYS di Sarah Watt (AUSTRALIA 2005)
midnight movie:
H. 24.00 – EX – DRUMMER di Koen Mortier (BELGIO 2007)
SABATO 24 OTTOBRE – NELLA SOCIETA’ DEGLI UOMINI
H. 18.00 – INVINCIBILE di Werner Herzog (GERMANIA 2001)
H.20.30 – HOME di Ursula Meier (FRANCIA 2008)
H.22.15 – LOWER CITY di Sergio Machado (BRASILE 2005)
midnight movie:
H. 24.00 –MARTYRS di Pascal Laugier (FRANCIA 2008)
DOMENICA 25 OTTOBRE – OSSESSIONE
H. 18.00 – NIENTE VELO PER JASIRA di Alan Ball (USA 2007)
H. 20.15 – SOFFOCARE di Clark Gregg (USA 2008)
H. 22.00 – LASCIAMI ENTRARE di Tomas Alfredson (SVEZIA 2008)
LUNEDI’ 26 OTTOBRE – DUMONT, IL FILOSOFO
H.19.30 – L’ETA’ INQUIETA di Bruno Dumont (FRANCIA 1997)
H.21.30 – L’UMANITA’ di Bruno Dumont (FRANCIA 1999)
MARTEDI’ 27 OTTOBRE – LA STRANA COPPIA
H. 19.30 – GARAGE di Leonard Abrahamson (IRLANDA 2007)
H. 21.30 – ELDORADO ROAD di Bouli Lanners (BELGIO 2008)
MERCOLEDI’ 28 OTTOBRE – OH! YOU PRETTY THINGS
H. 19.30 –SUL LAGO TAHOE di Fernando Eimbecke (MESSICO 2008)
H. 21.30 – ADVENTURELAND di Gregg Mottola (USA 2008)
GIOVEDI’ 29 OTTOBRE – DEFINIZIONI DI GENERE
H. 19.30 – LA NOTTE DEI GIRASOLI di Jorge Sanchez-Cabezudo (SPAGNA 2006)
H. 21.30 – EXILED di Jonny To (HONG KONG 2006)
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BIGLIETTO (per ogni singola giornata) € 5,00
ABBONAMENTO (per tutta la rassegna) € 19,00
Le proiezioni si svolgeranno presso
cinema Kursaal Santalucia - Largo Adua 5/9, Bari
Infotel 080 5246070
Nel corso della settimana di Flmmaker ’09 verrà presentata la personale d’arte di Pasquale Rubino “Finestre”
Ho visto “Inglorius bastards” di Quentin Tarantino.
Quello è il cinema! Un sogno – chi di noi non l’ha mai fatto? – di veder finito il nazismo da coraggiosi partigiani; trasformato in lezione permanente di cucina di tutti gli ingredienti della macchina infernale che amiamo ogni oltre limite: la recitazione, la musica, i movimenti di macchina, il testo, il paratesto, il detto, il non detto, gli ambienti, la luce, la violenza, la sagacia, l’astuzia, l’amore, le sconfitte, la vita, la scenografia, la morte, la storia sapientemente cotti da una regia da urlo.
Il vitalismo di Tarantino mi ha trascinato nel gorgo del cinema, quello vero. Da vedere, da vivere.
Ps.
Il più bel film che ho visto, tra i non moltissimi della Mostra di Venezia, si chiama “Lourdes”.
In Italia lo distribuisce Cinecittà – Luce, non va perso.
Subito dopo la laurea in scienze politiche a Bari, nella profonda entropia tipica del post laurea, ho incrociato nei corridoi della mia facoltà l’annuncio di un master in management culturale cui mi sono candidato svolgendo un colloquio.
L’esito sarebbe giunto dopo alcuni mesi, per cui decisi come tanti, di partire: mi feci prestare dai miei genitori (che fortuna avere genitori così) due milioni di vecchie lire, tondi tondi.
La promessa fu di restituirglieli al rientro e partii per Londra con uno dei primi voli Ryan su Stanstead.
Ad accogliermi trovai una città nel pieno della sua ridefinizione e vi rimasi alcuni mesi. Dopo soli tre giorni trovai lavoro, a seguito di un colloquio, presso la catena Costa coffee shop e presi a fare il barista, dopo che negli ultimi tre anni di università avevo servito ogni notte, sino alle tre di notte, birre e panini nel ‘meno un piano’ della gloriosa “Taverna vecchia del Maltese” di via Netti a Bari. Luogo mitico per il capoluogo pugliese: fucina di storie e talenti, di disperazione e di futuro, di concerti e fumate, di amori e di scoperta.
Londra per me divenne istantaneamente routine: la mattina sveglia presto, pane tostato e marmellata in casa di una famiglia di colombiani trapiantati sui canali del Tamigi in zona Camden; metro sino a Tottenham court road e lavoro sino alle 6 p.m. al bar in una zona di executive e non lontanissimo dal fumo danaroso della city. Mi pagavano 6 pounds l’ora. Il mio odio di classe cresceva quotidianamente e, non fosse stato per la mia nuova amica madrilena conosciuta in casa di amici, sarei impazzito.
La sera, infatti, rientrando in quella che mesi dopo a Roma avrei capito esser la ‘borgata’ della metropoli, attraversavo bui anfratti odorosi di fried onion rings nella bruma del fiume e mi sentivo disperatamente solo.
Avrei potuto, me lo son detto tante volte anni dopo, vivere della grande città la sua anima bohemien: trascorrere il tempo per locali, seguire controculture sex addicted, provare ogni tipo di esperienza culturale. Perché Londra ha in pancia quasi tutto il mondo che lì converge alla ricerca di una speranza. Facce di ogni colore ti aiutano presto a capire che il genere umano cerca il suo prossimo per determinare la propria identità .
Scoprii le international phone card. La mia generazione, infatti, non è cresciuta con il mobile phone sotto al cuscino. E con un vecchio etacs non bastavano i pochi spiccioli che avevo per chiamare casa.
Ma questo ecco, questo bisogno di sentire voci amiche, nella grande fredda piovosa nera città lo sentivo forte, sin dentro la pancia e mi struggevo tra il desiderio del voler essere e il profondo bisogno etico di dimostrare a me stesso – innanzitutto – di potercela fare: di arrivare sino in fondo alla missione di portare a casa un assegno, di due milioni di lire convertite dalla sterlina, guadagnate in un altro Paese.
Io poi ce l’ho fatta a tornare: dal master mi hanno dichiarato ammesso e, riempito il gruzzoletto prer restituirlo ai miei, tornai trionfante e pronto alla nuova sliding door che mi avrebbe condotto a Roma.
Scrivo tutto questo perché oggi, ogni giorno della mia vita che vivo nel quartiere Libertà di Bari, c’è un ‘phone center’ gestito da indiani. E mi scopro fragile a ricordare le mie serate di solitudine londinese, privato della “prima radice” - quella sociale - eppure così più forte di cingalesi, indiani, pakistani, mauriziani, senegalesi che affollano a decine quel minuscolo negozietto alla ricerca disperante di udire voci amiche e familiari e di raccontare loro la storia brutta della migrazione in occidente, delle vessazioni di prostitute africane scaricate ogni ora del mattino da burberi italiani che le han caricate la sera precedente qui, proprio sotto casa mia; di mazzi di rose invendute alla sera tardi; di ombrelli e accendini che nessuno vuole; di anziani morenti dalla bianca pelle che nessun parente vuole più sobbarcarsi di ripulire dei propri escrementi, lasciandolo fare a loro, merce nelle mani di un Paese corrotto innanzitutto moralmente, dentro le sue più intime fibre.
E allora mi commuovo e mi viene di scriverlo in questo blog, contenitore di emozioni mie che mi impegno a diffondere per dire che non siamo solo successo e felicità cinematografica. Siamo sangue e siamo merda di una società disfatta e predona. E vorrei tornare lì, in quelle cabine telefoniche ricolme di mirabolanti annunci sessuali londinesi, e ricordarmi sempre che non è mai stato, chi non può mai essere e che bisogna provare sulla propria pelle ogni emozione per sentirsi parte del tutto e con/dividere prima di giudicare; bisogna piangere per capire quanto una parola possa far male ed emigrare per capire quanto dolore dà il partire, sapendo di non poter tornare lo stesso di prima perché la dignità una volta persa, è per sempre.
Pensavo un tempo, leggendo della storia di questo nostro stramaledetto bellissimo paese, che secoli di divisioni e decenni di emigrazione ci avessero reso immuni dal perenne gramsciano sovversivismo delle classi dirigenti.
Mi sbagliavo. Questo nostro paese conosce il male e pure il peggio.
Time zones è la iniziativa culturale tra le più longeve e le più innovative, fra quelle pugliesi. Ed essere entrambe le cose, un ossimoro cioè, è davvero un preziosismo.
L’edizione di quest’anno è dedicata alla musca per il cinema ed io lo vivo come un altro segnale del bisogno artistico - fatto proprio dalla industria culturale - di continuare ad investire in cinema e audiovisivo. Un segnale che dice di andare avanti in questa direzione, “ostinata e contraria”…
Ecco il programma:
31/10 - Teatro ROYAL (ingresso libero)
ERI YAMAMOTO TRIO sonorizzazione “I WAS BORN, BUT” m 1932 (YASUJIRO OZU)
intro a cura di MIRKO SIGNORILE - “Soundtracks”
3/11 - Auditorium VALLISA
TEHO TEARDO
6/11 - Auditorium VALLISA
NINE RAIN sonorizzazione di “QUE VIVA MEXICO”1936 (SERGEI EISENSTEIN)
8/11 - Teatro ROYAL
TERENCE BLANCHARD Quintet
9/11 - Teatro ROYAL
WIM MERTENS
20/11 – Auditorium VALLISA
DAVID DARLING solo + DAKOTA SUITE feat D.Darling
21/11 - Auditorium VALLISA
“BERLINO AFTER 20” DEAD SCIENCE project: ARNOLD DREYBLATT + AUFGEHOBEN + LILLEVAN
27/11Â MUM
5/12 - DEMODE’ Club
MOVIE NIGHT: DAVID HOLMES – LEE PERRY- ADRIAN SHERWOOD- DON LETTS
L’ho detto, scritto e lo ripeto. La svolta per i territori sono le fiction: aumenta la proiezione dell’immagine pubblica del territorio, aumentano gli addetti di settore, aumenta la sensibilità del territorio. Gli elementi critici sono tanti però.
Per ora segnalo questi dati diffusi dalla Fondazione Rosselli:
Lo rivela lo studio della Fondazione Rosselli presentato ieri a Roma
Dal 2007 al 2008 le ore di fiction italiana hanno visto un calo di quasi 100 unità , passando da 2.443 ore a 2.245 nel 2007 (repliche incluse). A dirlo è l’Istituto di economia dei media della Fondazione Rosselli, che ha presentato ieri il suo studio sul mercato della fiction italiana. Secondo la ricerca, tre sono i maggiori fornitori di fiction in Italia, ovvero Taodue, Grundy e LuxVide. Dal 2006 al 2008 si è ridotto però il numero di società che forniscono fiction, da 46 a 36 e solo quattro di queste lavorano sia per Rai che per Mediaset. I ricavi totali delle società di produzione derivanti dalla fiction sono pari a 520mln di euro. Sulla tv pubblica, è diminuito il numero di fiction nazionale trasmessa da RaiDue a favore di RaiUno, mentre in Mediaset la chiusura della soap “Vivere” ha portato a un calo di 100 ore nella trasmissione di fiction. Secondo la Fondazione, però, l’Italia continua a importare molto dall’estero: 1.700 ore provenienti dai tre maggiori mercati europei contro le 91 esportate.
(fonte e-duesse)
Come evolve il mercato delle televisioni e come le nuove tecnologie incidono sui consumi futuri di contenuti audiovisivi?
Di questo s’è parlato al CNEL il cui report riporto qui sotto. Buona lettura:
CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO
L’industria dei contenuti digitali. Gli ostacoli e le condizioni di sviluppo
Osservazioni e proposte
Assemblea
26 febbraio 2009
INDICE
ITER DELLA PRONUNCIA
1 PREMESSA
2 OSSERVAZIONI
3 PROPOSTE
Iter della pronuncia.
Il presente schema di Osservazioni e proposte è approvato dal CNEL in
ottemperanza all’art. 10 della legge n. 936/1986 recante “Norme sul
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro”.
L’istruttoria dello schema di osservazioni e proposte è stata curata dalla
Commissione per le grandi opere e le reti infrastrutturali le politiche
energetiche e i servizi a rete (V) nelle riunioni del 26 novembre 2008, 17
dicembre 2008 e 27 gennaio 2009.
Nel corso dell’istruttoria la Commissione V ha tenuto conto dei risultati del
ciclo di audizioni indette al Cnel nei mesi di ottobre e novembre 2008 con i
soggetti appartenenti a tutti i segmenti del sistema delle comunicazioni
elettroniche e dell’industria dei contenuti: produttori di contenuti,
assemblatori, operatori di telecomunicazioni, soggetti dell’IT, intermediari
dei diritti d’autore (SIAE), sindacati ed associazioni dei consumatori.
La Commissione V ha concluso l’istruttoria nella riunione del 27 gennaio
2009.
Il documento è stato esaminato nel Comitato di Presidenza dell’11 febbraio
ed approvato all’unanimità nella Assemblea del 26 febbraio 2009
1 Premessa
È ormai diffusa la consapevolezza che dall’ attuale crisi finanziaria ed economica
si esce soltanto con una profonda revisione dell’attuale modello produttivo. Molti
dei beni che costituiscono il nucleo portante delle economie occidentali possono
ormai considerarsi maturi, e si riduce sempre più la loro capacità di creare
ricchezza. È quindi necessario investire nella produzione di nuovi beni e servizi,
che siano in grado di rimettere in moto ricerca di base ed applicata,
industrializzazione dei processi, produzione, distribuzione e consumo.
Di questi nuovi beni e servizi una buona parte è costituita dalla economia
digitale, che a partire dagli anni ‘80 è stata in grado di attrarre investimenti,
dare vita a nuovi prodotti, creare nuovi modelli di consumo. Tuttavia anche
questo settore, ampiamente inteso (Information Technology, telecomunicazioni,
servizi e contenuti digitali) sta rallentando il suo sviluppo a causa non solo di
carenza di investimenti (basti pensare alla difficoltà di realizzare le nuove reti a
larghissima banda) ma anche a causa di regole ereditate da altre stagioni, che
bloccano la circolazione dei beni immateriali (o che cercano invano di bloccarla
come nel caso di Internet), che non tengono conto né della dematerializzazione
di questa economia né della sua globalizzazione.
Occorre pertanto una riflessione larga (a livello internazionale) e condivisa (tra
tutti i soggetti di questa economia), sul nuovo modo di produrre, distribuire e
consumare quello che qualcuno ha definito i “neobeni”, e un insieme di decisioni
che consentano a questa nuova economia di realizzare al massimo le sue
potenzialità di creazione di ricchezza, di nuova e qualificata occupazione, di
accesso ampio alle conoscenze, di coesione sociale.
Sono queste le ragioni che hanno motivato, in questa Consigliatura, l’interesse
della V Commissione al tema delle infrastrutture digitali, quali strumenti di una
complessiva rivitalizzazione dell’economia del nostro Paese verso produzioni
immateriali a più alto valore aggiunto, in grado di migliorare la produttività e la
competitività del nostro sistema produttivo.
Il presente Schema di Osservazio ni e Proposte , infatti, completa un’analisi
svolta fin dal 2006 dalla V Commissione, che negli anni passati si è concentrata
dapprima sullo sviluppo delle reti a banda larga (2006) e successivamente sulla
disponibilità in rete di servizi per le piccole e medie imprese (2007). Con questo
lavoro, risalendo la catena del valore delle produzioni digitali, si analizza
l’industria dei contenuti digitali e i suoi elementi di freno e di sviluppo,
avanzando anche delle proposte. Lo Schema di Osservazioni e Proposte è
completato da un esteso Rapporto (Allegato) redatto per il CNEL dalla societÃ
Between.
Il rapporto descrive le principali caratteristiche dell’industria dei contenuti digitali
a livello europeo e internazionale, mettendo in risalto la struttura della catena
del valore e i principali modelli di offerta adottati dalle imprese. Vengono
analizzati i vari segmenti che formano l’industria dei contenuti digitali e
precisamente: l’industria discografica; quella dei contenuti video; quella
televisiva; quella dei videogiochi; quella radiofonica e infine quella dell’editoria.
Dopo aver analizzato il ruolo dei dispositivi elettronici e delle piattaforme di distribuzione nell’ambito del processo di diffusione dei contenuti digitali,
vengono evidenziate le principali problematiche che affliggono l’industria italiana
dei contenuti digitali e le possibili azioni da intraprendere al fine della loro
risoluzione. Queste ultime due analisi sono state redatte sulla base delle
informazioni raccolte nel corso delle audizioni, che hanno visto partecipare i
principali attori della filiera produttiva dell’industria italiana dei contenuti digitali
nonché gli organismi deputati alla loro regolamentazione e promozione.
Dalle analisi svolte nel Rapporto si evince che negli ultimi anni, l’industria dei
contenuti digitali (intendendo con questo termine le opere dell’ingegno come la
musica, le immagini, i videogiochi, dematerializzate e distribuite sulle diverse
piattaforme digitali) ha subito una forte espansione grazie soprattutto agli
elevati tassi di crescita registrati in alcuni segmenti, tra cui quello televisivo e
quello della musica online. Tuttavia, nel complesso l’industria dei contenuti
digitali si trova ancora in una fase di crescita iniziale. Infatti, per alcuni segmenti,
il ruolo che tale industria assume nei confronti dell’industria dei contenuti
tradizionali, dalla quale essa stessa trae origine, è ancora marginale.
Per quanto riguarda il contesto italiano, le prospettive di crescita di questa
industria sono abbastanza promettenti, visto il ruolo sempre più cruciale che le
piattaforme digitali stanno assumendo nell’ambito dello sviluppo economico e
sociale del Paese. Tra il 2006 e il 2007, il valore dell’industria italiana dei
contenuti digitali è passato da poco più di 4 miliardi di euro a oltre 5 miliardi
euro facendo registrare una crescita di circa il 20%. Stando alle ultime stime, il
mercato nazionale dei contenuti digitali raggiungerà nel 2009 il valore di 7,3
miliardi di euro1. Anche se non si hanno dati precisi sull’occupazione, poiché la
creazione di contenuti è spesso parte di attività più ampie, è opportuno
sottolineare che in questo specifico segmento l’occupazione è per definizione
qualificata, giovane, spesso non stabilizzata, ma ricca di esperienze e di
competenze e quindi meno esposta al vento della precarietà . Nonostante questi
aspetti positivi, tuttavia, la presenza, sia a livello internazionale che nazionale,
di alcuni ostacoli di natura tecnica ed economica, potrebbero compromettere lo
sviluppo futuro di questa industria.
Lista dei soggetti auditi
§ Istituzioni: Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), AutoritÃ
Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), Garante per la Protezione
dei Dati Personali, Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), Guardia di
Finanza.
§ Associazioni di categoria: Aitech-Assinform, Confindustria Servizi
Innovativi e Tecnologici, Associazione Nazionale Imprese Servizi Informatica
Telematica Robotica Eidomatica (Assintel), Andec Confcommercio, Asstel.
§ Produttori di contenuti: Dada, Mediacoop, Warner Bros Italia, Italia News,
Mondadori online, Mondadori Digital Publishing, Associazione dei fonografici
Italiani (AFI), Associazione Produttori Televisivi (APT), Federazione Italiana
Industrie Musicali (FIMI), Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG), Istituto
1 e-Content, 2008.
4
Mutualistico per la tutela degli Artisti Interpreti ed Esecutori (IMAIE),
Associazione Editori Software Videoludico (AESVI).
§ Distributori di contenuti: Mediaset, Aeranti corallo, Associazione Nazionale
Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali (ANICA).
§ Operatori TLC e ISP: Fastweb, Telecom Italia, Tiscali, Assoprovider,
Associazione Italiana Internet Providers (AIIP), International Webmasters
Association (IWA), Microsoft Italia, Philips Italia.
§ Associazioni: Adiconsum, Altroconsumo, Fistel CISL, Unione Generale del
Lavoro.
2 Osservazioni
I nodi critici che ostacolano uno sviluppo più ampio dell’industria dei contenuti
digitali possono essere così riassunti:
a)
Limitatezza del mercato dovuta al dato linguistico: un nodo non
superabile, che rende però difficile la competizione con mercati linguistici
assai più estesi del nostro (inglese, spagnolo). In Italia, come negli altri paesi
europei, nonostante siano presenti adeguate infrastrutture di rete e siano
stati sviluppati nuovi ed efficaci modelli di business, l’industria dei contenuti
digitali si presenta ancora fortemente frammentata e circoscritta ai confini
geografici dei singoli paesi membri. Tale situazione non consente alla stessa
di esprimere al meglio le sue potenzialità , costituendo una delle ragioni per
cui il valore del mercato di questa industria è di gran lunga inferiore a quello
di altri contesti, primo fra tutti quello statunitense.
b) Circolazione bloccata dei contenuti. È questo un nodo assai importante,
consistente nel fatto che l’insieme degli attori della filiera (produttori di
contenuti, assemblatori, distributori sulle diverse piattaforme) vede alcuni
soggetti in posizione monopolistica o oligopolistica. Di conseguenza,
meccanismi come l’acquisto in blocco di contenuti di un produttore da parte
di un distributore in posizione di monopsonio (tipicamente un broadcaster
televisivo), oppure l’acquisto in esclusiva per alcuni anni, o l’acquisto in
blocco per tutte le piattaforme, impedisce ad altri distributori, in particolare a
quelli da poco entrati sul mercato, come le TV su Internet (IPTV) o via
telefono mobile, di affermarsi sul mercato diffondendo contenuti pregiati, che
vengono di fatto tolti dal mercato. Questa problematica (ampiamente trattata
nel par 4.2.1. del Rapporto) è molto sentita dai gestori delle piattaforme
emergenti, ma anche dagli stessi produttori, che si vedono artificiosamente
restringere il mercato e non possono, ad esempio, riutilizzare i diritti delle
loro opere dopo un certo numero di anni, dando così vita ad un mercato
secondario dei diritti che potrebbe utilmente remunerarli. Questo problema
(difficile accesso ai contenuti da parte di alcune piattaforme di distribuzione)
ha il suo simmetrico nel difficile accesso dei produttori di contenuti ad alcune
piattaforme. Anche se la concorrenza ha aumentato il numero di piattaforme
di distribuzione disponibili (TV satellitare, TV digitale terrestre, TV via cavo,
Internet, reti di telecomunicazioni fisse e mobili) la limitatezza di capacitÃ
trasmissiva di alcune di esse limita la possibilità di trasmettere tutti i
potenziali contenuti. Poiché alcune di queste piattaforme (broadcaster,
operatori di telecomunicazioni) sono verticalmente integrate, cioè hanno
nello stesso gruppo industriale fornitori di contenuti e reti di distribuzione, è
evidente che si crea una situazione di privilegio per la trasmissione di
contenuti in possesso dello stesso gestore della piattaforma.
c)
Difficile valorizzazione del diritto d ’ autore. Questo problema,
comunemente definito con il riduttivo termine di “pirateria”, ha delle
conseguenze importanti nella circolazione dei contenuti digitali. Come è facile
intuire, una volta che l’opera d’autore (musica, film, gioco) è stata
digitalizzata ed immessa nella rete, è anche possibile la sua circolazione sotto
forma di scambio tra gli utenti, pratica ritenuta illegale proprio perché viola la
normativa sul diritto d’autore. Questa pratica nuoce infatti sia alla
distribuzione fisica delle opere dell’ingegno (negli Stati Uniti è fallito il più
grande negozio di dischi) sia alla distribuzione online con pagamento dei
relativi diritti. Sono state elaborate diverse procedure per ridurre il fenomeno.
Si va da una procedura di “marchiatura digitale” dei contenuti (DRM, cfr. par
4.2.3.. del Rapporto) a pratiche repressive, come quella messa in atto in
Francia, che prevede che dopo tre accessi illegali l’utente sia disconnesso
dalla rete, a pratiche incentivanti consistenti nell’offrire gratuitamente
all’utente un assaggio di ciò che vorrebbe ascoltare per incentivarlo
all’acquisto regolare, fino a forme di abbonamento a costi molto ridotti che
remunerano forfettariamente un certo numero di accessi. Si tratta tuttavia di
misure che stanno dimostrando tutta la loro inefficacia, poiché è difficile
sradicare una pratica sociale come quella dello scambio, che ormai in rete ha
assunto lo status di vero paradigma.
Sottocapitalizzazione dell’industria. Così come l’industria del cinema,
anche quella dei contenuti digitali soffre di sottocapitalizzazione. Manca. ad
esempio. l’apporto di risorse da altri settori, che potrebbero investire se
fossero assicurate condizioni migliori di redditività .
Se questi sono i problemi che affliggono l’offerta di contenuti digitali, altri
possono essere individuati sul lato della domanda. In particolare:
Difficile accesso degli utenti ai contenuti digitali. Questo problema
nasce a sua volta da due elementi: la ancora incompleta estensione della
rete a banda larga, necessaria a veicolare i contenuti di maggior peso, e la
scarsa alfabetizzazione informatica esistente nel nostro Paese. Mentre sul
primo versante alcune iniziative si vanno affacciando, sul versante
dell’alfabetizzazione informatica vi sono alcune sporadiche iniziative, ma
occorrerà forse aspettare un ricambio generazionale.
Mancanza di standard e di interoperabilità . La possibilità di fruire di un
determinato contenuto digitale per mezzo di qualsiasi strumento, sia esso un
dispositivo elettronico o uno specifico applicativo software, è una condizione
necessaria per lo sviluppo dell’industria dei contenuti digitali, poiché
garantisce la massima libertà di fruizione agli utenti finali. La mancanza di
interoperabilità e le soluzioni verticalmente integrate e proprietarie che
caratterizzano l’offerta dei diversi provider, rischiano di compromettere lo
sviluppo dell’industria dei contenuti digitali, in quanto vincolano gli utenti a
una specifica piattaforma/servizio, al fine di garantire il consolidamento della
rispettiva base di utenti, a tutto svantaggio della concorrenza e dello sviluppo
complessivo dell’industria.
Scarsa trasparenza delle offerte commerciali. La concorrenza tra i
diversi operatori ha generato, come del resto è avvenuto nella telefonia
mobile, una quantità e varietà di tipologie di offerte commerciali non sempre
comprensibili agli utenti. Offerte quali la pay-per-view, pay-per-download,
pay-per-play, (cfr. Glossario al termine del Rapporto) le offerte
pacchettizzate, le promozioni, rendono di difficile comprensione per un
generico utente l’offerta che più risponde ai suoi bisogni.
3 Proposte
Sulla base delle difficoltà sopra individuate, si possono avanzare le seguenti
proposte per lo sviluppo dell’industria dei contenuti digitali.
A) Attuare un’efficace regolamentazione di tipo antitrust che assicuri una
migliore circolazione dei contenuti digitali. Si tratta delle proposte più incisive
e potenzialmente più utili allo sviluppo dell’industria in esame. Occorre che la
legislazione e la regolamentazione, ciascuna nel proprio ambito, obblighino
gli operatori dominanti e verticalmente integrati a offrire i contenuti da essi
acquistati in esclusiva a tutte le piattaforme che li richiedono, naturalmente a
condizioni commerciali, eque e non discriminatorie. Questa misura (detta
must offer), parzialmente e non molto chiaramente introdotta nel Testo Unico
sulla Radiotelevisione, sarebbe risolutiva come strumento per favorire il
radicamento e il rafforzamento delle piattaforme di distribuzione diverse dai
broadcaster verticalmente integrati. Simmetricamente, andrebbe garantita ai
fornitori di alcuni contenuti la possibilità di distribuirli attraverso qualsiasi
piattaforma, anche in questo caso a condizioni di mercato e non
discriminatorie. Si tratta del cosiddetto obbligo di must carry, che è stato
introdotto in alcuni paesi e per alcuni canali proprio per evitare che
l’integrazione verticale tra fornitori di contenuti e gestori di piattaforme porti i
primi a privilegiare i secondi come piattaforme distributive dei propri
contenuti, a tutto detrimento della concorrenza. La normativa di settore è in
gran parte derivata da Direttive Europee, tuttora in evoluzione, e talvolta non
molto chiare né efficaci sul piano della armonizzazione. Occorre quindi
seguire con attenzione tale normativa e stimolare il legislatore e il regolatore
italiano ad una trasposizione il più possibile incentivante di una vera
concorrenza tra fornitori di contenuti e tra piattaforme.
B) Stimolare, attraverso la normativa primaria e secondaria, l’adozione
di standard e di sistemi interoperabili, in particolare per i DRM
(meccanismi di gestione dei diritti digitali). Benché sia evidente che il
processo di standardizzazione debba avvenire a livello internazionale, in
quanto l’industria dei contenuti è fortemente globalizzata, possono in via
temporanea essere adottate delle misure a livello nazionale, come è
avvenuto in Francia (in cui i provider sono tenuti ad adottare una tecnologia
DRM interoperabile solo se lo richiedono i titolari dei diritti).
C) Elaborare e adottare un nuovo paradigma per la valorizzazione della
proprietà intellettuale, che tenga conto dell’affermarsi, nella rete,
dell’economia dello scambio. Tale paradigma sarà molto probabilmente una
estensione ai contenuti digitali del concetto dei “common goods” (beni
comuni sui quali nessuno può vantare un diritto esclusivo, ma che vengono
remunerati attraverso un prelievo generalizzato e non a carico dei singoli
utenti). Si tratta di un cambiamento di natura culturale che sembra
inevitabile ma che richiederà molto tempo per affermarsi.
D) Sostenere l’industria creativa italiana. Va affrontato il problema relativo
al sostegno alla produzione e alla distribuzione in digitale di contenuti legati
al mondo cinematografico e televisivo. In prima istanza, l’obbligo previsto
dalla Direttiva TV senza Frontiere, di diffondere quote definite di opere
europee, obbligo oggi imposto solo ai broadcasters sui loro palinsesti,
andrebbe esteso anche ai servizi di video-on-demand e a tutte le piattaforme
digitali, per esempio imponendo quote definite di opere europee nei loro
cataloghi e quote di investimento nell’acquisto di diritti di tali opere. Sarebbe
pertanto opportuno che la normativa nazionale si uniformasse a quanto
disposto dal nuovo testo della direttiva TV senza frontiere. Per quanto
riguarda il sostegno alla produzione e il problema della sottocapitalizzazione
dell’industria del settore, occorre richiedere che le misure di sostegno
previste per l’industria cinematografica e televisiva, come la defiscalizzazione
degli investimenti necessari per la digitalizzazione delle opere o il sostegno
alla produzione indipendente, misure oggi a rischio di infrazione da parte
dell’Unione Europea, in quanto considerati aiuti di Stato, siano invece
confermate.
E) Estendere le possibilità di accesso ai contenuti digitali da parte degli
utenti. Occorre innanzitutto estendere la copertura della rete a banda larga
e ultralarga ( la cosiddetta NGN) per consentire ad una più ampia platea di
utenti di accedere ai contenuti digitali. I piani di estensione della
copertura,presentati da diversi operatori,in primis da Telecom Italia, fanno
intravedere il raggiungimento della quasi totalità della popolazione in tempi
brevi ( due anni) per velocità fino a 20 Mbps, che consente già una buona
fruizione di contenuti non troppo pesanti ,mentre per il cinema ad alta
definizione e per file complessi,per i quali sono necessari almeno 50Mbps, le
prospettive temporali si allungano ( almeno i prossimi 10 anni).Occorre
pertanto trovare le risorse, pubbliche e private,e stabilire le regole, che
consentano di accelerare questo processo. Sarebbe anche opportuno
utilizzare a questo fine le frequenze che si liberano nel passaggio dalla TV
analogica a quella digitale ( il cosiddetto dividendo digitale) analogamente a
ciò che hanno fatto alcuni Paesi europei, come il Regno Unito, che ha messo
tali frequenze all’asta indicandone la destinazione proprio alla copertura del
digital divide con tecnologie wireless. 2 Per quanto riguarda la
alfabetizzazione informatica, limite che investe sostanzialmente le persone
anziane e le donne senza pregressa esperienza lavorativa, vanno sostenuti
tutti quei programmi,in gran parte pubblici,nazionali e di Enti Locali,che
insieme alle elementari abilità creino la motivazione e lo stimolo all’uso dei
contenuti digitali. (cfr.programma Icone della Memoria cit. nel Cap 5 del
Rapporto)
Per quanto riguarda la posizione dei principali paesi membri dell’Unione Europea (che fino al 2015 ha lasciato liberi i Governi nazionali di allocare ai diversi servizi le frequenze liberate, mentre dopo quella data esse dovranno tutte essere destinate ai servizi d telefonia mobile), il Regno Unito è considerato il paese all’avanguardia nella gestione del dividendo digitale. Dopo una
consultazione pubblica, l’orientamento di OFCOM prevede di utilizzare per la televisione digitale terrestre due dei canali destinati ai servizi IMT (servizi di telefonia mobile compreso il Wi-Max) e di mettere all’asta gli altri canali. L’obiettivo è quello di lasciare al mercato la scelta dell’uso finale dello spettro liberato. In Francia, invece, si è adottata una strategia pianificata delle frequenze, scegliendo di destinare ai servizi di telefonia mobile i 9 canali individuati dall’ITU , con l’obiettivo di massimizzare lo sfruttamento dello spazio frequenziale liberato. Nel nostro Paese la scelta del Ministero delle Comunicazioni e dell’AGCOM è stata diversa da quella del Regno Unito e della Francia. Infatti è stato previsto che i canali liberati dallo switch-off (i canali della
banda 61-69) non siano riservati ai servizi di telefonia mobile, ma utilizzati dai broadcaster per la diffusione di servizi televisivi in digitale terrestre, privilegiando così lo sviluppo della TV digitale piuttosto che la riduzione del digital divide.
Il chiacchiericcio che si fa sul cinema italiano ha costretto finanche i redattori della newsletter del Mibac (il ministero che per delega si occupa, tra le tante altre cose, di cinema e retto dall’On. Sandro Bondi) a scrivere quanto segue.
Segno che di cose se ne sono dette tante e non sempre a proposito.
“Negli ultimi giorni, gli organi di informazione hanno dato spazio a un dibattito composito e interessante a proposito del sostegno pubblico al Cinema italiano. Tra notizie, dichiarazioni e commenti diffusi dagli organi di informazione, però si incontrano imprecisioni, disattenzioni e anche, purtroppo, omissioni evidenti da parte di alcune testate giornalistiche.
A questo proposito, per chiarezza e completezza di informazione, riteniamo utile segnalare il servizio pubblicato da Cinemagazine, rivista del Sindacato giornalisti cinematografici italiani, intitolato “2005 – 2009 Una stagione con il sostegno del MiBac”, pubblicato anche nel sito internet www.cinegiornalisti.com.
Il bilancio pubblicato dalla rivista è frutto di un’accurata e fedele elaborazione dei dati pubblicati regolarmente nel sito internet della direzione generale per il Cinema, che divulga con criteri di trasparenza le delibere della commissione per la Cinematografia e le relazioni annuali sul sostegno alla produzione cinematografica. Vale la pena di ricordare che le stesse notizie riguardanti le delibere della commissione, consultabili da parte di chiunque, vengono trasmesse alla Corte dei conti per la loro registrazione, prevista dalle norme vigenti.
E’ utile anche sottolineare come, a differenza di quanto letto in alcune dichiarazioni e articoli di stampa, la produzione cinematografica sia l’unico ambito dello spettacolo a non ricevere finanziamenti a fondo perduto da parte dello Stato, che a suo favore eroga solo contributi per i quali vige l’obbligo della restituzione, ove il film riporti proventi (incassi sala, diritti video, diritti televisivi…).
A proposito degli incassi indicati nel servizio di Cinemagazine, riportati sulla base dei dati Cinetel, occorre segnalare che gli stessi riguardano esclusivamente i proventi derivanti dal botteghino, ma non quelli relativi alla vendita dei diritti televisivi, all’home video, alle vendite estere e ai nuovi media (internet, telefonia mobile…).
Per quanto riguarda i ritorni economici degli investimenti pubblici, va ricordato che gli incassi indicati sono lordi e comprendono le imposte versate al fisco. Per esempio, su 10 milioni incassati dal film, 1 entra nelle casse dello Stato. In più, allo Stato arrivano altri introiti fiscali dalle spese effettuate per la produzione del film, dai contributi lavorativi e anche dalla tassazione sul lavoro degli addetti.
E ancora, non sono riscontrabili i dati riguardanti gli effetti benefici della realizzazione dei film sull’economia del territorio in cui sono girati, ad esempio attraverso il fenomeno del cineturismo, in costante crescita negli ultimi anni.
Così come non sono quantificabili numericamente i risultati in termine di ritorno di immagine del Paese, grazie ai successi internazionali conseguiti dai film italiani.”
Fonte: DGCNews n.118 del 21.09.2009
Fotografia delle giornate che si vivono in Apulia Film Commission.
Mentre tutto intorno a noi brulica di curiosi visitatori della Fiera del levante - campionaria 2009, che chi non c’è mai stato non può capire cosa esattamente significhi, la squadra di afc assiste tre film in produzione (Ozpetek a Lecce, Bigoni a Bari e dintorni, Massimo Natale a Torre Guaceto riserva naturale WWF in provincia di Brindisi); effettua sopralluoghi per i prossimi film di Giorgia Cecere e una lunga serialità di cui ometto titolo e nome della produzione per non svelare segreti industriali (!!!).
E nel contempo rendicontiamo i progetti svolti, teniamo in ordine le domande della terza tranche del nostro film fund in attesa che si esprimano i critici scelti quest’anno per la valutazione consultiva; lavoriamo alacremente ai programmi operativi delle attività che svolgeremo (e sono tantissime) a valere su risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) di cui sono responsabile unico, ascoltiamo le decine di persone che ogni giorno e sempre più numerose ci chiamano per avere informazioni su cosa facciamo e come.
E poi, ancora, lavoriamo alla organizzazione della prossima edizione del Bif&st, predisponiamo i bandi pubblici per l’affidamento di servizi di ogni genere, essenziali al raggiungimento dei nostri obiettivi. Faccio la spola per uffici regionali e non, alla ricerca di risorse per garantire la ospitalità alle produzioni, in aggiunta a quanto abbiamo in dotazione per il nostro film fund.
E, ancora, incontriamo registi, autori, organizzatori di eventi che ci chiedono assistenza, sostegno, collaborazione.
La vita di una (buona) film commission è davvero intensa e sei persone, tanti siamo nell’ufficio di direzione - me compreso -, sono il minimo indispensabile per non sopperire dinanzi alla mole di cose da portare a casa.
A volte vedo le loro facce e mi sento in colpa. Chiedo loro di essere squadra e, insieme, fuoriclasse. Questo è il vero motivo del nostro vantaggio competitivo, la passione di ragazzi e ragazze preparati, appassionati, fiduciosi, grandi lavoratori, scelti uno per uno e una per una senza alcun condizionamento esterno, in nome del proprio solo talento. Che nessuno lo dimentichi mai, siamo parte di un tutto, ma del tutto siamo la migliore parte.
PS
Leggo l’editoriale odierno del Corriere della Sera e rifletto sull’ironia (involontaria?!) di certe scelte di palinsesto Rai. Mentre Porta a Porta di stasera oscurerà la scena televisiva nazionale con la celebrazione glorificante del premier in diretta per la consegna delle prime case ai terremotati abruzzesi, con un harakiri bizzarro della dirigenza Rai che - evidentemente non lavora per la propria azienda (e nessuno me lo toglie dalla testa, perché solo gli invasati obnubilati dalla passione politica posson pensare che la Rai è un’azienda libera in cui i talenti manageriali possano liberamente esprimersi); Rai Tre programmerà il film, bello e tesissimo, “La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler” di Oliver Hirschbiegel con Bruno Ganz a vestire i panni del dittatore ormai assediato e chiuso nel bunker fisico e mentale delle proprie assurde certezze.
Non so se lo hanno fatto apposta, ma la scelta mi sembra comunque geniale e premonitrice. Vedere il film per credere.
(Dal Corriere della Sera del 15.9.2009)
PAOLO CONTI
Esponenti della maggioÂranza (e vertici Mediaset) protestano quando si parÂla di Raiset, l’immaginaÂrio mostro televisivo da sei reti, in cui le forze del servizio pubblico si sommerebbero a quelle del conÂcorrente privato per evitare lotte fratricide nell’interesse di un uniÂco referente, Silvio Berlusconi.
Ma il “Porta a porta” dedicato alla consegna delle case ai terreÂmotati che stasera su Raiuno sostiÂtuisce il “Ballarò” su Raitre (che avrebbe affrontato lo stesso argoÂmento) autorizza speculazioni, alÂlarmi, dietrologie. Perché ieri sera si è aggiunto un ultimo, eloquenÂte tassello: la scomparsa improvviÂsa dal palinsesto di Canale 5 delÂl’esordio di “Matrix”, un tempo condotto da Enrico Mentana e ora affidato a Alessio Vinci. Era in proÂgramma una puntata sulla libertà d’informazione (Vittorio Feltri ospite con Concita De Gregorio, direttore de “l’Unità ”). Tutto canÂcellato. L’avvio di “Matrix” è rinÂviato alla prossima settimana. VinÂci, da buon soldato, si è preso ogni responsabilità (”troppe diffiÂcoltà tecniche, la qualità non saÂrebbe stata all’altezza del marÂchio “). Ma anche qui il clima autoÂrizza ogni retropensiero. Spinge ad avvalorare le voci di telefonate assai concitate partite da Cologno Monzese e arrivate a Vinci, preocÂcupate per l’esito della puntata.
Per farla breve: stasera Bruno Vespa (non lo avrà certo deciso lui) condurrà il suo “Porta a porÂta ” in prima serata in un clima da reti unificate. Lui su Raiuno, “L’ispettore Coliandro” su RaiÂdue, il film “La caduta-gli ultimi giorni di Hitler” su Raitre al posto di “Ballarò”, telefilm o film seconÂdari su Canale 5, Italia 1, Rete 4 e La7. Nessuna vera controprogramÂmazione e una evidente ansia di controllare tutto. Ha ragione SerÂgio Zavoli, presidente della comÂmissione di Vigilanza Rai: la situaÂzione è “grave”, “Porta a porta” e “Ballarò” hanno “sempre convisÂsuto all’interno dei palinsesti delÂle rispettive reti, e la deroga, speÂcie se perentoria, costituirebbe un problema da dover prontamenÂte risolvere”. E ora sono in tanti ad attendere un cenno visibile dal presidente della Rai, Paolo GarimÂberti, che della garanzia ha giustaÂmente fatto il suo vessillo.
L’aspetto più paradossale è che l’indubbio traguardo raggiunto nella consegna delle case (94 vilÂlette pronte a Onna in appena 72 giorni di lavoro, e tra poco 700 apÂpartamenti a Bazzano) rischia, nel frullatore mediatico, di cedere la scena allo scontro politico sulla Rai. L’errore mediatico sarebbe evidente. Roba da principianti. AlÂtro che professionisti di Raiset.
Alla Biennale d’arte di Venezia il più bel padiglione nazionale secondo me è quello francese. Non ricordo il nome dell’artista curatore, ma ricordo bene la sensazione che ho provato entrandoci.
Luce gelida di neon, quattro corridoi di sbarre zincate congiunte da un panopticum centrale da cui dipartono i bracci di una ideale prigione. In fondo a ciascun corridoio una bandiera lucida nera, sventolante di freddo spinto da eliche nere, luci soffuse: il fascismo.
L’arte contemporanea è, delle forme di espressione, quella che oggi più mi affascina. Sempre più spesso, infatti, il cinema è stereotipato e amorfo, incapace di sorprenderti davvero come certa arte (e video arte) sa ancora fare.
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