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Sono stato a Milano l’altro ieri, su loro invito, per l’incontro di Eave, network di produttori e videomaker europei.
Avevo tempo e come faccio spesso, per risparmiare i soldi dei pugliesi, piuttosto che prendere un taxi, sono salito sull’autobus 73 che da Linate raggiunge piazza San Babila.
Quella linea passa dinanzi al palazzo di giustizia di Milano ed io ogni volta mi fermo a riflettere, perso nel tentativo di ripercorrere i 16 anni di storia italiana che ci separano da quelle giornate tambureggianti di “mani pulite”.
Sedici lunghi anni di transizione verso una nuova forma di stato?
Sono giunto, infatti a Milano, la mattina in cui giungevano i risultati delle europee e qualche riflessione sarebbe obbligatoria per capire in che Paese viviamo. Ma, si sa, oggi mancano dei veri soggetti collettivi capaci di produrre analisi intelligenti e ognuno l’analisi se la fa a casa sua, con i difetti del solipsismo del pensiero cui, la ‘società liquida’ contemporanea ci costringe.
Ebbene, cosa è successo al mio Paese in questi 16 anni?
E cosa c’entrano questi miei pensieri con il cinema e la film commission?
Mi sono laureato in storia contemporanea, la mia formazione, per quanto manageriale, risente degli studi universitari. Per questo ogni analisi che faccio la inserisco sempre in una visione prospettica. In una linea cronologica che mi aiuta a capire quali reazioni sono scaturite dalle azioni che le hanno precedute e quale peso gioca il caso nelle scelte di una nazione.
Non è giusto ragionarne ora. E’ pur sempre un piccolo blog istituzionale questo qui.
Ma dovremmo capire, prima o poi, quale peso hanno avuto i blocchi sociali dominanti in questi ultimi anni nel determinare la cultura del paese ed europea se, a vincere nel continente, sono forze per lo più conservatrici o xenofobe o euroscettiche (e non posso non chiedermi: perché diavolo si fanno eleggere al parlamento europeo se sono ‘euroscettici’?) mentre, in latinoamerica e negli USA vincono le forze del progresso che declinano il loro oggetto sociale al futuro, guardando al domani con fiducia e speranza.
Le forze politico culturali che han vinto in Europa, sono lo specchio di un continente impaurito e la paura, solitamente, non genera un buon cinema. Né aumenta gli investimenti in cultura, orientando piuttosto la spesa verso il già visto del protezionismo liberista.
Venendo all’Italia, io credo, però, che per la prima volta il consenso del premier cali considerevolmente e che, vedendo i dati assoluti, il paese è – ancora una volta – spaccato perfettamente a metà con una lieve pendenza conservatrice, peraltro prevedibile.
Cosa significa questo?
Che le forze nuove del paese, quelle giovani e quelle creative, hanno acqua nella quale nuotare perché la crepa che si è aperta a destra renderà migliore la destra stessa (visto che il monopolio berlusconiano presto o tardi dovrà essere diviso tra eredi comunque diversi da lui e dal suo populismo carismatico elementare) e costringerà la sinistra a superare l’avversione antipremier capovolgendola, finalmente, in una proposta (speriamo chiara?) per il Paese e in una analisi del mondo nuovo che viviamo.
Perché pensavo tutto questo davanti al palazzo di giustizia milanese?
Perché Milano è, oggi, una città morta, affogata nei suoi rutilanti eventi, ma incapace di programmare con pazienza politiche per la cultura.
Eppure da lì sono passate le anticipazioni più importanti per il paese: da piazzale Loreto a Sesto, da piazza Fontana e Pinelli, dalla città da bere dei nuovi parvenu alla lega nord, da forza italia a expo 2015.
Eppure, in questo nostro paese di gattopardi, dai tempi gloriosi in cui la mia generazione è cresciuta nel brodo dell’antimafia militante e della lotta alla corruzione morale, economica e politica; continuo a chiedermi – passando dinanzi a quel palazzo – ma che strada abbiamo percorso sin qui?
Che dire?
Il mio punto di osservazione è - forse - un po’ più largo. Per forza di cose, infatti, siedo sul ponte di una nave e l’orizzonte viene comunicato prima ai miei occhi di quelli altrui.
Il modo che abbiamo di attrarre le produzioni è la qualità delle nostre maestranze, oltre che mille altri fattori ambientali. Ma prima della nascita della apulia film commission mancava una strategia coordinata di comunicazione e assistenza che consentisse la continuità . Tra le attività di comunicazione c’è anche lo star system, la capacità , cioè di mettere a valore le presenze di artisti che scelgono la Puglia come location.
Cosa c’entra l’essere guardati dal vivo da una star, francamente proprio non capisco. Ma sono un signore, dunque mi taccio.
Gestire la Torino Piemonte FC è difficile, ma non quanto ‘amministrare’ un territorio lungo oltre 450 km e variegato come un sub continente. Il Piemonte, infatti, ha conosciuto la vera affermazione sullo scenario nazionale prima - e internazionale poi - utilizzando due leve: il costante impegno finanziario sistemico (la film commission, il fondo, il museo del cinema, il festival, la scena artistica locale dei murazzi, la scuola holden, ecc.) in un mix di pubblico che traina il privato che non ha eguali in Italia. Poi ha ospitato due produzioni di lunga durata come ‘Centovetrine’ e ‘Elisa di Rivombrosa’ che hanno consentito oltre che di promuovere le sue location, di assumere e formare sul campo decine di maestranze affidabili.
S’è, per così dire, sparsa la voce che in Piemonte ormai si trovano location e maestranze a bassi costi. Tanto da risparmiare sulle diarie.
Così è nato l’effetto Piemonte.
Noi abbiamo da percorrere la stessa strada. Ma vogliamo farlo in meno tempo e con maggior slancio comunicazionale, visto che la Puglia non ha solo splendidi interni come il Piemonte sabaudo, ma anche una luce folgorante e duratura.
I budget che amministriamo sono infinitamente più bassi di quelli del Piemonte al suo secondo anno di vita. Ma questo la Idrusa non lo vuole vedere, forse.
Così come il suo accenno alla propensione delle produzioni ad intercettare sui territori finanziamenti regionali è pleonastico. In tempi di pesante contrazione dei budget ministeriali e delle tv, è del tutto evidente che le produzioni scelgano altre fonti. Tra queste i territori sono i più rapidi ad intervenire.
C’è però chi gioca sporco o comunque pesante.
Usando fondi Fas - ad esempio - per fare sostegno alle imprese dell’audiovisivo come la Sicilia, oppure il bilancio regionale (e beati loro che possono) per lanciare un fondo da 9 milioni di euro come la Toscana.
In ultimo l’accenno alla production guide cartacea della Emilia Romagna è un retaggio demodè, visto che noi appena nati abbiamo varato la nostra guida on line. Facilmente consuntabile e aggiornabile dai diretti interessati.
Alla Apulia Film Commission spetta mettere le regole e farle rispettare (e noi lo facciamo, visto che, come noto, eroghiamo il nostro fondo in ragione del 20% di anticipo e dell’80% a saldo solo dopo aver controllato che ogni regola sia stata rispettata, altrimenti non eroghiamo il saldo. Si veda l’esempio del film tv Le ali che non ha avuto il nostro contributo perché gravemente inadempiente).
Ci vorrebbe molto più tempo e più spazio per ragionarne, effettivamente. Ma oggi non posso e dunque mi fermo.
Ricevo una email privata da una ragazza che lavora in un reparto di produzione.
Ometterò il suo nome per delicatezza, ma ne riporto il contenuto.
Si lamenta della difficoltà di trovare ruoli nei film che si stanno girando e si gireranno presto in regione.
Le ho inviato una risposta che credo giusto pubblicare nel blog, a beneficio dei tanti e delle tante che pongono la stessa inquieta e giusta domanda.
“Cara ….,
“il lavoro è un diritto”. Sono cresciuto con questo slogan nella mia testa di giovane in formazione ai tempi del liceo e poi dell’università . E da quel principio non mi sono mai discostato, non ho mai ‘tradito’ si direbbe.
Infatti, appena nominato alla direzione della film commission pugliese proposi e ottenni, nonostante ad alcuni sembrava troppo alta, che nel regolamento del nostro film fund fosse prevista la soglia del 30% di assunzioni di maestranze pugliesi sui set prodotti da aziende sostenute con soldi dei pugliesi.
Da quando esistiamo, cioè da soli 23 mesi circa, abbiamo sempre lavorato seguendo questa linea. Ovviamente, per evitare ogni tipo di condizionamento, abbiamo evitato di segnalare direttamente nomi e ruoli, limitandoci a creare sul nostro portale web la guida alla produzione, un data base di profili curriculari cui le produzioni possano liberamente attingere.
Sono stato personalmente sui tutti i set a verificare che vi fossero maestranze pugliesi e, sino ad oggi, ho sempre constatato la loro presenza.
Ma non è del tutto perfetto il nostro meccanismo. Esistono crepe, e numerose anche.
Per esempio la intermediazione di maestranze locali viene spesso effettuata su data base di privati, i cosiddetti location manager (Coppola, Angelini, Lopez, Trevisi, Marini, ecc…) che hanno spesso gruppi affiatati e stabili di collaboratori che lavorano al loro seguito. Chi non fa parte di questi circuiti fa più fatica ad entrare.
Per questo, oltre che a stabilire un rapporto di collaborazione diretta con i citati location manager, cerchiamo il più possibile di convincere direttori di produzione e organizzatori generali ad allargare il giro scegliendo anche tra i curricula presenti sul nostro sito.
Noi, più di questo, davvero non possiamo fare.
Infatti è mia abitudine studiare i modelli delle altre film commission nazionali e non. Tra le migliori c’è quella piemontese grazie alla quale da anni, ormai, e grazie alla produzione della serie tv “Elisa di Rivombrosa”, una intera classe di maestranze s’è formata dando poi garanzie ai successivi produttori del proprio talento.
Noi stiamo puntando allo stesso obiettivo: formare sul campo le maestranze e cercare di portare qui lunghe serialità che garantiscano troupe più ampie e più lunghe di quelle dei film cinema.
Se ci riusciremo, come sono convinto faremo prestissimo, allora spero sarà soddisfatta la tua come la domanda di tanti e tante altri che aspettano con immutata speranza il momento del proprio riscatto.
Sappi però almeno questo: noi ce la stiamo mettendo tutta ed i risultati arriveranno perché da questo lato c’è un team appassionato e competente, e profondamente affezionato alla propria terra e alla propria gente.
Mi credi?
Nota a margine: il film di Rubini parte a fine mese. Quelli di Ozpetek e di Albanese a fine agosto, dunque hai ancora tutto il tempo di cercare il colloquio con le produzioni coinvolte, rispettivamente dunque con Fandango e Lumiére.
In bocca al lupo
s.”
_______
Gentile direttore,
la contatto in quanto pugliese nonchè maestranza nel settore cinematografico, per chiedere delucidazioni riguardo la nostra “collocazione” sul territorio, in merito al fatto che siamo tutti chiaramente informati sui nostri diritti lavorativi.
Sono una costumista, appassionata a tal punto da saltellare da un ruolo all’altro con competenza, pur di aumentare le mie opportunità lavorative, ma le assicuro che è sempre più difficile avere visibilità ed è ancora più frustrante vedere la moltitudine di produzioni operanti, adesso più che mai, a un palmo dal mio naso ed essere totalmente impotenti, invisibili appunto. Sergio Rubini, Giovanni Albanese, F.Ozpetek per citarne alcuni, che collaborano con la Apulia Film Commission e che quindi lascerebbero ben sperare a noi maestranze locali di essere automaticamente assorbite come da regolamento. Però di fatto così non accade, se io e molti miei colleghi, ci ritroviamo a dover affrontare la lunga via crucis della ricerca, per vie traverse, di contatti a cui riferirsi sperando di rientrare nella rosa dei fortunati.
Io credo che sia ingiusto dover chiedere come un favore personale ciò che ci spetta di diritto cioè un lavoro, il ricoprire il ruolo per cui siamo competenti, con lunghi anni di studio, lauree, corsi di specializzazione e gavetta e poi ancora qui a chiedere e aspettare, di dimostrare che sappiamo fare cinema e non abbiamo proprio nulla da invidiare ai nostri colleghi romani.
Trovo invece che dovremmo essere tutelati in quanto anche grazie a noi, spesso con badget non propriamente adeguati, si ottengono prodotti comunque qualitativamente alti, magari al di sopra delle aspettative.
Vorrei che lei trovasse per me una risposta, che mi pacificasse, che fornisse quindi una giustificazione a tutto questo, vorrei sapere chi sono, se ci sono, le mie colleghe (o colleghi), quelle che vengono ingaggiate al posto mio, come costumista/assistente costumi, truccatrice/assistente trucco, sarta di scena.
Al fine di non apparire pretenziosa, allego il mio curriculum, affinchè possa verificare le mie esperienze e competenze, se avesse la pazienza di leggerlo, gliene sarei grata, perchè attesterebbe la legittimità dei miei dubbi.
Fiduciosa in una sua risposta chiarificatrice, la saluto augurandole un buon proseguo.
Cordialmente
Mentre a Cannes la crisi accarezza la Croisette ed il solito confuso brulichio di un tempo è divenuto un ordinato passeggio di operatori del settore di tutte le lingue, di tutti i colori, di tutte le razze ed orientamenti sessuali del mondo, seguo con immutato stupore cosa succede in Italia.
Non posso che rifugiarmi, ancora una volta, nelle parole di chi dell’amaca ha fatto uno strumento di battaglia delle idee. E come potrebbe un meridionale come me, non condividere queste idee?
- “La società multietnica è fallita”, dicono in televisione molti politici di governo, specie quelli col fazzolettino verde nel taschino. Lo dicono poco dopo l´approdo alla Casa Bianca di un nero. Lo dicono mentre a Parigi, a Londra, a Berlino e quasi ovunque in Europa è quasi impossibile incrociare su un marciapiede due individui dello stesso colore. Lo dicono mentre ognuno dei nostri e dei loro figli sta andando a scuola o mangiando una pizza o flirtando con un ragazzo/a che viene da un altro paese e da un´altra cultura. Lo dicono perché non sanno, o peggio non vogliono sapere, e si aggrappano, faziosi e causidici, agli inevitabili contraccolpi di ogni migrazione, di ogni ibridazione, di ogni mutamento, agitando lo spettro delle banlieue e dimenticando tutto l´enorme resto (dimenticando Parigi, la Francia, l´Europa, il mondo).
è negazionismo anche questo, negare l´evidenza, ribaltare la realtà . La società multietnica non è fallita e nemmeno è riuscita. La società multietnica, semplicemente, è in atto. è ciò che ci circonda ed è ciò che ci aspetta. Cercare di darle regole, di governarla, di limarne gli spigoli è giusto e necessario. Negarla è per metà patetico per metà folle.”
Da “L'’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, edizioni EO
“Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all'’incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell'’altro guardiamo solo noi stessi, che siamo soli nel deserto, potremmo impazzire.”
(pag.139)
Pubblico con piacere una integrazione all’intervento di Guarino.
Gentile Sig. Maselli,
Le scrivo in merito alla mail da Lei pubblicata sul sito
della AFC. Come Orazio Guarino, un caro amico degli anni di studio a Bologna,
sono una giovane pugliese in continua attività nel settore degli audiovisivi.
Sono solleticata da questo intervento che penso dovrebbe davvero portare ad una riflessione importante soprattutto al punto in cui siamo. Lo snodo che viviamo in questi anni ci vede assistere quasi immobili di fronte al cambiamento totale del cinema così come lo abbiamo studiato e conosciuto nel Novecento. Come sostiene Francesco Casetti in suo libro imperdibile per gli amanti della
settima arte, forse il cinema ha esaurito il suo cammino in parallelo con il
Novecento, “l’uno in un cinema che non si appoggia più all’immagine
fotografica, l’altro in un tempo che sembra rovesciare, o perlomeno ripudiare
molte delle misure precedenti.” (F. Casetti “L’occhio del Novecento”) Al centro
di queste riflessioni io ritengo che ci debba essere la sala con la sua crisi,
dovuta secondo degli studi, non unicamente al downloading da internet, ma
all’aumento dei prezzi del biglietto e alla mancanza di elasticità della sala
rispetto alle tecnologie più recenti dell’home video. Ho scoperto con mia
sorpresa che le pay-tv, i dvd, il downloading stesso sono delle pratiche
rafforzative, molto adottate da chi ama il cinema. Le reali perdite della sala
riguardano quella fetta di pubblico mediamente interessata che al cinema ci
andrebbe più volentieri se costasse meno, e invece rimane in salotto a godere
degli intervalli pubblicitari fra un film e un altro. Mi permetto di
intervenire perchè io preparo la mia tesi di laurea su questo argomento e mi
piacerebbe dirvi come io lapenso riguardo al finanziamento alle opere
cinematografiche. Le opere di reale interesse culturale che sono solite essere
finanziate sono spesso viziate dal sospetto che nasce spontaneo nel sapere che
di certo la commissione che valuta le sceneggiature è di nomina politica, una
politica che è dichiaratamente clientelare e non si esime dal lasciarci
attoniti di fronte a certe scelte. (vedi la puntata di Report, querelata
dall’allora ministro Urbani) Se invece i finanziamenti derivanti dal Fus
fossero dedicati alla didattica dello spettacolo nelle scuole, a partire da
quelle primarie, alla promozione del cinema all’interno delle comunità , alla
sensibilizzazione dei giovani, non pensate che il cinema di interesse culturale
potrebbe vivere reggendosi sulla forte richiesta di un pubblico adeguatamente
formato? E se una parte di questi finanziamenti sevissero ad aiutare gli
esercenti dei piccoli circuiti a tenere bassi i prezzi dei biglietti, non
sarebbe logico vedere un aumento del pubblico, cosa che evidentemente accade
ogni qual volta ci siano spettacoli a prezzi ridotti. Fino a quando il cinema
aveva costi ridotti non ha mai avuto problemi, anzi anche in periodi di crisi
assurda come durante le due grandi guerre esso ha visto un incremento della
frequentazione in sala! Fino agli anni Settanta momento in cui è iniziata la
politica del rialzo del prezzo del biglietto, il cinema non ha avuto
concorrenti. Ammetto che un duro colpo è stato assestato alla sala con
l’avvento delle tv private e con l’ammodernamento dei palinsesti, ma se la sala
riscoprisse il gusto di rinventarsi? Porto alla vostra attenzione l’esempio
della Casa delle Arti, nata da poco in terra di Conversano, che ha fatto
confluire sulla sala tante altre attività che la rendono un posto vivo per
tutto l’arco della giornata, prendendo quasi inconsciamente spunto da alcune
procedure legate al funzionamento del multisala, ma portando avanti con
coraggio un’impegno rivolto alla ricerca e alla selezione dei materiali
proposti, e un’attenta cura alla formazione all’interno della comunità locale,
rafforzata dal loro lavoro di didattica del cinema e dello spettacolo nelle
scuole del comune. La mia ricetta è questa, va bene finanziare le opere, in
particolar modo le opere prime meno visibili da parte del circuito produttivo
privato, ma occorre soprattutto concentrare gli sforzi economici sulla
distribuzione dei prodotti finanziati, e sulla cura di un vivaio di giovani a
cui si da la possibilità di conoscere il cinema e di amarlo; rinnovare la sala
affinchè riacquisti la sua centralità tenendo conto delle mutate
caratteristiche dell’esperienza filmica e delle attrattive a cui il pubblico
può rivelarsi sensibile, in primis la diminuzione dei prezzi del biglietto.
La ringrazio per l’attenzione accordatami, e Le auguro buon lavoro.
Cordiali
Saluti.
Manuela Martignano
Ricevo e pubblico questa email di una persona che non conosco, ma che scrive cose su cui varrebbe la pena riflettere. Mi riservo di dire la mia appena potrò, a proposito di fondi e territori e creatività .
Intanto, grazie Orazio.
s.
Salve, Sign. Maselli.
Sono Orazio Guarino, regista e produttore ventisettenne pugliese.
L’ altra sera mi sono imbattuto in una conversazione con un mio carissimo
amico riguardo la pratica difusissima del peer to peer.
La questione e’ nata dal fatto che questo mio amico aveva pensato di
“scaricare” un film per guardarlo naturlamente.
Allorche’ io gli ho subito risposto un po’ per provocarlo che non credevo
fosse giusto scaricare gratuitamente un’ opera cinematografica che era
frutto di una mole mostruosa di lavoro di centinaia di persone.che in
fondo la visone nelle sale e’ uno dei pochi introiti di un opera
cinematografica, differenza sostanziale credo con un album musciale che
puo’ essere poi proposto nelle performance live.
Lui di rimando mi ha risposto che visto che  l’opera in questione aveva
ricevuto gia’ dei finanziamenti sia regionli che statali. insomma.. non
gli sembrava neanche giusto pagare un biglietto intero per andare a
guardalo al cinema in quanto gia’ in un certo senso finanziatore
dell’opera con il pagamento delle tasse .
Questa breve conversazione ora raccontata in manira molto spiccia
naturalmente e’ avvenuta come una provocazione reciproca , senza entrare
nel merito del problema.
Pero’ credo che possa essere uno spunto di riflessione per quanto riguarda
la questione dei finanziamenti .
In piu’ sempre questa persona mi faceva notare,. non che io non lo
sapessi, visto che ormai da qualche anno mi occupo di cinema e di
materiale audiovisivo che a godere dei sovvenzionamen ti fossero sempre
piu’ o meno le stesse persone e che sarebbe piu’ giusto che invece fossere
a disposizione diciamo “di tutti”.
Ora.
io non avevo il tempo per poter cercare di spigare a questo mio amico che
i finanziamenti coprono solo una piccola parte del’intera opera. e che
servono comunque per essere ridistribuiti nel territorio, che i fondi non
vengono sempre dati alle stese produzioni e agli stessi autori ma di certo
non ho potuto neanche in estrema sincerita’ e in buona fede riuscire a
dargli tutti i torti sulle questioni da lui enunciate che di certo
richiederebbero pero’ un approfondimento speciale.
In piu’ tutto cio’ sfiorava una questione che a me, ma non solo, e’ sempre
stata di particolare interesse ovvero quella degli aiuti e sovvenzionameti
alle opere in maiera dicimo ripetuta, ovvero al fatto che ad un’ opera di
cui si ricsontrano dei meriti e delle caratteristiche particolari vengano
dati i fondi e che poi solo alle opere gia appunto finanziate e ai
porgetti gia’ sostenuti sono offerti i canali di promozione e pubblicita’
ufficiali.
Assistiamo quindi ad una doppia assistenza.
Mentre invece le opere che spesso anche per scelta della produzione o
dell’ autore o perche non ritenuti validi,certo, nonostante non abbiano
utilizzato fondi pubblici e quindi non avendo avuto /richieto assitenza
pubblica non sono neanche aiutati nella loro distribuione e quindi
tagliati completamente fuoti dal gioco.
Quindi “chi meno chiede meno ottiene”, o mi sbaglio?
Ricordo con estremo rimpianto Carmelo Bene( C.B.) parlare di qusta
situazione in un suo intervento in un notissono talk show.
La sua vera e propria invettiva riguardava il teatro e i
sovvenzionamenti alla MEDIOCRITA’ a suo dire , dicendoco he si creava
appunto questa sorta di assistenzialismo duplice ai teatri statali sia in
fase di finanziamento che di promozione.
Non credo che sia molto diverso per quanto riguarda il Cinema.
Lei crede che sia del tutto sbagliito quello detto fino ad ora? Bisogna
some al solito abituarsi?
Crede che sia giusto che nel caso un’ opera fosse finanziata da un film
commision regionali dare ai citatdini di quella regione degli sconti o
delle agevolazioni nelle visoni al cinema?
Avendo ricevuto delle otime impressioni da parte di vari addetti i lavori
riguardo la sua persona e la sua profesisonalita’, nonche’ essendo Lei
una persona giovane che non e’ poco.. anzi… spero che vorra’ darmi il
suo parere e , perche no’, che questa mia mail se Lei vorra pubblicarla
possa contribuire al dibattito sui contributi e sulla distribuzione delle
opere , prolema fondamentale del giovane cinema e dei giovani autori.
La ringrazio molto e le auguro un buon lavoro.
W il Cinema
Orazio Guarino.
Naffintusi Cinema and audiovisual art.
Mentre ieri sera con alcuni colleghi mi accingevo a scrivere il progetto che creerà il primo circuito di sale cinematografiche (di qualità ) regionale italiano, scopro che il produttore Riccardo Tozzi aveva scritto questo intervento apparso su “Il Messaggero” del 30.04.2009. Questo significa pre/vedere, vedere prima di altri. E mi conforta, perché da un po’ penso che noi qui, in questo nostro avamposto di qualità umana, professionale e progettuale ch’è l’Apulia Film Commission, arriviamo prima sulle cose.
Ecco:
di RICCARDO TOZZI*
SULLA rinascita del cinema italiano, che si e’ dispiegata nel corso degli anni duemila e che ha portato il numero annuo dei nostri spettatori da 10 a 30 milioni, incombe una minaccia mortale. Un pericolo in atto e che ha già arrecato danni gravi. E’ la progressiva rarefazione (o addirittura scomparsa) delle sale cinematografiche nei centri urbani. Nel corso dell’ultimo triennio la quota di mercato delle multiplex (prevalentemente periferiche) sul totale del mercato delle sale e’ salita dal 40 al 60%. Non si e’ trattato di un affiancamento alle preesistenti sale urbane, ma di una sostituzione.
Le multiplex, per il tipo di comportamento che implicano (spostamento in macchina per percorsi relativamente lunghi) e per caratteristiche ambientali (chiasso, affollamento etc.), attirano il pubblico giovane e non quello adulto. La sostituzione delle sale urbane con le multiplex equivale ad una sostituzione di pubblico: giovani al posto degli adulti. Poiche’ il cinema italiano (come quello europeo e quello americano indipendente) ha prevalentemente pubblico adulto, questo processo trasferisce pubblico al cinema di genere giovanile, prevalentemente americano.
Affermazioni queste che andrebbero certo temperate con una serie di distinguo, ma hanno una significativa validita’ generale. Se si comparano i risultati di film italiani usciti due/tre anni fa con quelli usciti in questi mesi, si vede che gli incassi nelle sale urbane sono gli stessi. Ma essendo le sale urbane diminuite del 25/30%, gli incassi totali attuali sono inferiori a quelli passati della stessa misura. Un film che due anni fa incassava sei milioni, oggi ne incasserebbe quattro. Se lasciamo le cose alla tendenza, domani ne incasserebbe due o piuttosto non verrebbe piu’ prodotto. Come conseguenza gia’ quest’anno la crescita del pubblico del cinema italiano si interrompera’: e’ del tutto probabile che la nostra quota di mercato scenda sensibilmente sotto il 30%.
Naturalmente, cio’ non significa che lo sviluppo delle multiplex sia in se’ un male. Tutt’altro: la crescita di questo circuito e’ stata ed e’ un elemento di modernizzazione essenziale per il nostro esercizio, e l’attrazione che esercita sul pubblico piu’ giovane ha riportato al cinema una generazione nuova. E’ male che non si agisca per riqualificare e potenziare il circuito urbano, nella provincia (da dove e’ sparito) e nelle grandi citta’ (dove e’ in crisi). Dico riqualificare e non conservare: le sale urbane possono vivere e prosperare solo se si modernizzano e si adeguano ad un consumo piu’ sofisticato. Siamo di fronte a una svolta. Per salvare il cinema italiano e piu’ in generale il cinema di qualità , occorre produrre un grande sforzo di progetto, di finanziamento e di iniziativa imprenditoriale. Le regioni le province e i comuni sono, su questo tema, gli interlocutori decisivi dell’industria. Forse anche cogliendo l’occasione della digitalizzazione ormai prossima, bisogna lanciare un piano di incentivi che orienti decisamente alla riapertura e alla riqualificazione del circuito di sale dei centri urbani grandi e piccoli. Solo cosi’ potremo avere la possibilita’ di raggiungere tutti i pubblici e salvaguardare la diversificazione della produzione e del consumo, che e’ la principale garanzia della qualita’ e della liberta’ di scelta.
* Presiedente Unione Produttori Italiani
Ricordo spessissimo quando arrivai a Roma per cominciare lo stage presso la Fandango, factory di produzione cinematografica, dove poi fui assunto e dove sono rimasto sino al duemilasei. Poco tempo dopo essere giunto in quegli uffici, il produttore - uomo extra ordinario - mi catapultò a seguire la promozione dei film presso i festival.
Tornai per la prima volta al festival di Venezia da lavoratore, non più da spettatore assetato d’avventura (non dimenticherò mai il bacio dato ad una donna sul vaporetto, la prima volta in assoluto che andai. Fu pazzesco, una promessa di avventure perso nei fumi dello spritz, e non ero ancora approdato al lido…) per ‘Dust’ di Milcho Mancevski e poi, per la prima volta, andai a Cannes.
Al confronto della piccola Venezia, Cannes mi sembrava, dunque, un festival sodomitico. Ne avevo una idea confusa, ma non fumosa. Sapevo che sarebbe stato faticoso, ma non immaginavo così. I film che portavamo in promozione erano, nientemeno, che “Respiro” di Emanuele Crialese e “L’imbalsamatore” di Matteo Garrone. Non uno, due film! Le angherie dell’ufficio stampa, sotto pressione per un carico di lavoro francamente eccessivo, furono talmente esasperanti che per i due successivi mesi dovetti curare una rara forma di dermatite da stress. Giuro. Chiedere alla dermatologa se non si crede.
L’anno dopo, forti di una esperienza più che formativa, facemmo una spedizione ancor più entusiasmante. Non per i film: l’opera prima di Edo Gabbriellini e “Da zero a dieci” di Luciano Ligabue di cui ho personalmente curato la organizzazione di un piccolo e faticosissimo concerto da 3 pezzi, quanto per il clima fra noi dello staff. Sonia, la mia amica del cuore, e poi Laura e Domenico e tutti gli altri mi hanno lasciato un pezzo di vita segnato sulla pietra nel petto. Non lo dimenticherò davvero mai e le parole che può accogliere un blog sono troppo blande per contenerne l’emozione.
Dopo qualche anno torno con un film a Cannes. E’ “Non ti voltare” di Marina De Van con Monica Bellucci e Sophie Marceau. Realizzato con un nostro piccolo contributo ed il sostegno di una allora neonata e piccolissima apulia film commission, grazie a Conchita Airoldi e al suo Studio Urania, grazie alla ostinata mania che alcuni (pochi) produttori italiani hanno di coprodurre, l’Apulia Film Commission, dopo nemmeno due anni di vita, sbarca al più importante festival cinematografico del mondo con un film girato per un terzo in una sua (splendida) città .
Voi come vi sentireste al mio posto oggi?
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